da “Il Golfo” di Giovedì 31 maggio 2007

IN UNA ZONA SOGGETTA A PARTICOLARI TUTELE

COSE TURCHE NELLA BAIA DEL CARAUGNO

di Mimmo Ambrosino

Che fine ha fatto la valutazione d’impatto ambientale? Storia di due iniziative che stanno suscitando forti proteste sull’isola. E’ in corso anche una raccolta di firme. E quel tratto di mare rientrerà nella zona B dell’istituenda area marina protetta.

Arrivano i Turchi nelle acque del Caraugno di Procida. Non per depredare uomini vigorosi e donne piacenti da trasferire sulle loro galee e nei loro harem (fino alla vittoriosa Battaglia di Lepanto del 1571, l’isola fu meta preferita delle scorrerie delle feluche turche), ma per piazzare una serie di gabbioni galleggianti ove allevare ed ingrassare tonni rossi.

Sì, ad inizio mese, nella splendida baia che guarda Capri si è fermata una motonave battente la bandiera della mezzaluna, la “Akua Dem 2”, a comando di Assan Selefoclu. Dopo aver chiesto ed ottenuto la cosiddetta “free practique” dalla locale Capitaneria di Porto del comandante Giuseppe Marzano, l’equipaggio, 18 persone di nazionalità turca, si è messo alacremente a lavoro per piazzare i “gabbioni”. Essi hanno agito in base ad una concessione di 26.400 mq ottenuta nella zona, nel 2001, dalla società “Il Cigno Verde”, presieduta dal procidano Franco Di Liello. Il quale, proprio quest’anno, insieme alla consociata turca “Akua International”, ha formato una nuova società la “Akua Italia srl”, con amministratore unico il turco Osman Kocaman. Il “Cigno Verde”, la cui concessione nel Caraugno è decennale, con un canone annuo ridicolo di 360 euro, ha già beneficiato di un contributo pubblico di 586.720.

Sempre nel “Caraugno”, su un’area di 20.000 mq, opera un’altra società, la “Maresol”, presieduta da Alfonso Capodanno, che di recente ha ceduto la maggioranza delle quote azionarie a Tuna Farm” di Napoli, con amministratore delegato Vittorio Foglia Manzillo. Anch’essa è ora dedita all’allevamento dei tonni. La sua concessione, datata 2002, è quindicinale ed ha già beneficiato di un contributo pubblico di 929.907 euro.

Male accettate, ma comunque tollerati, in un primo tempo, da procidani e turisti, ora le nuove “gabbie” hanno scatenato proteste e ricorsi.

Un comitato di isolani e turisti, animato dalla dottoressa Carla Cassese, ha promosso una sottoscrizione di firme. Sono state contattate forze istituzionali e politiche. Quasi sicuramente la questione verrà proposta in Consiglio Comunale e forse arriverà al Parlamento nazionale e all’Unione Europea.

Ad accendere la protesta, innanzitutto, l’impatto ambientale.

“E’ assurdo - dice la dottoressa Cassese - il sacrificio di un’area di valore ambientale veramente incommensurabile. Nei fondali della baia ci sono esemplari di flora e fauna marina davvero preziosi. Ricci, cozze, padelle, sconcini, frutti di mare di altro genere, la fanno da padrone. Inoltre lo stesso Ministero dei Beni Culturali, attraverso il suo Servizio Tecnico diretto dal professore Claudio Moccheggiani Carpano ha scoperto e censito nella zona una serie di grotte sottomarine, documentata anche in un’apposita pubblicazione, da far visitare a chi volesse praticare quelle escursioni che i Club di Diving isolani sono soliti organizzare”.

Il dottor Michele Mazzella, appassionato sub, incalza: “I fondali del Caraugno offrono uno spettacolo emozionante. Tra i 30 e 40 metri gli anfratti ancora ospitano cernie e corvine; anche qualche aragosta fa capolino dalla propria tana. Ventagli di rigogliose gorgonie rosse fanno da cornice e offrono ospitalità a nudibranchie ad uova di gattuccio”. Verso Punta Solchiaro, poi, si segnala la presenza di numerose colonie di corallo rosso.

In questo paradiso sono arrivati inopinatamente gli allevamenti dei tonni, con il rilascio di concessioni che sollevano non pochi dubbi. Seguiamo il ragionamento che il dottor Enzo Magaldi, dirigente regionale dei “Verdi” napoletani, che si sta interessando della questione, traccia: Anno 2001, rilascio della concessione di 26.400 mq al “Cigno Verde”. Anno 2002: rilascio della concessione. per 20.000 mq alla “Marisol” per spigole e orate.

Anno 2006, la “Marisol” comunica al sindaco di Procida l’inizio dell’allevamento del tonno rosso, e il sindaco, con propria lettera, dà il nulla osta alla conversione della produzione.

Anno 2007, il “Cigno Verde” costituisce con una società turca la “Akua Italia” che ottiene l’iscrizione al registro delle società per l’ingrasso del tonno rosso e comunica al Comune di Procida e al Circomare isolano l’inizio dell’attività.

Intanto nell’anno 1995 i fondali di Ischia e Procida, compresa la baia del Caraugno (o Carbonchio) vengono classificati come “SIC” (Sito di Interesse Comunitario) e ZPS (Zona di Protezione Speciale), appartenenti alla rete europea di protezione ambientale “Natura 2000”.

Nel 1999, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, attraverso la Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, avvia la procedura tecnica di istituzione dell’Area Marina Protetta Integrata “Regno di Nettuno”, comprendente le acque di Procida, Vivara ed Ischia.

Negli anni 2001-2002, il Comune di Procida chiede ed ottiene dal Ministero dell’Ambiente finanziamenti relativi all’avviamento dell’Area Marina protetta “Regno di Nettuno” per euro 619.709,44.

Se questa è la mappa dei tempi, guardiamo ora alcuni aspetti dell’iter amministrativo relativo alle concessioni delle aree.

La prima concessione al “Cigno Verde”, rilasciata nel 2001, riguarda la concessione di 26400 mq, cioè di poco superiore alla metà di 5 Ettari.

Ebbene, il Decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 “Valutazione di Impatto Ambientale - Contenuti e procedure - Riduzione delle soglie dimensionali - Interventi d’urgenza” - dice due cose molto importanti: 1) sono assoggettati alla procedura di valutazione d’impatto ambientale, i progetti di cui allegato B che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette, come definite dalla Legge 6 dicembre 1991, n” 394.

2) Per i progetti di opere o di impianti ricadenti all’interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali sono ridotte al 50%.

E, nel famoso allegato B, è inserito al punto E) “piscicoltura per superficie complessiva oltre i 5 ha”.

Ora, facendo i conti, il decreto di concessione è del 2001, l’avvio di procedura di istituzione dell’AMP “Regno di Nettuno” è dèi 1999, la superficie totale è superiore al 50% di 5 ha. E, nell’atto di concessione, non è fatta menzione di alcuna procedura di impatto ambientale. Si potrà obbiettare che l’AMP non è ancora istituita e che, quindi, la procedura è formalmente corretta.

Sarebbe vero se l’iscrizione dei fondali di Procida come “SIC” e ZPS” che sono, come dice la denominazione “aree protette di rilevanza comunitaria (quindi internazionale) non fosse del 1995 e non rendesse obbligatoria la valutazione d’incidenza, di cui non si trova traccia alcuna nella documentazione.

La “valutazione d’incidenza”, però, è stata introdotta dalla legislazione regionale solo per le tipologie del famoso allegato B, aggiungendo la frase… “qualora non sottoposte a valutazione d’impatto ambientale”.

Riassumendo: un impianto di 26400 mq è da sottoporre a valutazione di impatto ambientale? Se si interpretano i “SIC’ e i “ZPS” come aree protette, sì, altrimenti no.

Chiediamo, allora: Quale status viene dato ad un “SIC” e a un ZPS” inseriti in un’Area Marina Protetta in via d’istituzione?

E, ancora: se su questa situazione si innesta, un anno dopo la prima concessione, un altro impianto, per 20000 mq, nello stesso posto. E’ vero che esso è inferiore ai 2 ettari e mezzo, ma se consideriamo l’impatto e si somma al precedente, dove andiamo a finire con le misure?

Vorrebbe forse dire che una Zona SIC, ZPS ed Area Marina Protetta in via di istituzione può essere saturata di impianti, senza alcuna procedura di “impatto ambientale” o di ‘valutazione di incidenza”.. .o basta farlo di due ettari in due ettari, alla volta?

Su tutte queste valutazioni tecniche che gradiremmo fossero di approfondimento dell’ottimo presidente dell’Assomare, il Magistrato Ambrosio), si innesta una valutazione politica.

Nel 2006-07, la procedura di istituzione dell’AMP “regno di Nettuno” è quasi completa. Il Comune di Procida ha usato i fondi del Ministero dell’Ambiente 619.709,44 euro) per il suo avviamento e sta chiedendo chiarimenti ed approfondimenti sulle perimetrazioni e le regole.

All’interno dell’istituenda Zona B, zona di particolare valore ambientale, due società decidono di convertire l’attività di allevamento di spigole, orate e saraghi, a quello di tonni.

Lo fanno con due semplici comunicazioni alle quali, l’Amministrazione Comunale di Procida risponde con una semplice presa d’atto avente “valore di nullaosta”. Ora l’una o l’altra: o il Servizio Ambiente de! Comune non è stato interessato dal Sindaco, o forse il Sindaco non sa che, tra pochi mesi, sarà tra gli amministratori di un’Area Marina Protetta tra le più importanti del Mediterraneo.

Forse non si è posto nemmeno il problema di eventuali procedure di infrazione comunitaria a danno dello Stato, per aver permesso l’allevamento di tonno all’interno di posti protetti da leggi internazionali.

Fatto sta che, dopo aver concesso spazi demaniali per attività con impatti ambientali senza alcuna procedura di valutazione di impatto; dopo aver chiesto, ed ottenuto, fondi in nome dell’istituenda AMP “Regno di Nettuno”, l’Amministrazione Comunale consente l’impianto di acquicoltura più inquinante ed impattante che esista oggi in mare aperto, a qualche centinaio di metri dalla costa e all’interno dell’istituenda Zona B dell'Area Marina Protetta.

Questo il ragionamento del dottor Enzo Magaldi , membro dell’Esecutivo Regionale dei Verdi della Campania, che sposa integralmente la causa dei procidani e dei turisti in difesa della baia del “Caraugno” di Procida, dicendosi disposto a portarla in tutte le sedi... fino a Strasburgo.