Testimonianza "in ricordo"di F. Cossiga negli anni '90 : Intervista voluta da Amedeo Savastano fondatore di "Simbol" - Stampa
Scritto da Enzo Magaldi   
Giovedì 26 Agosto 2010 22:13

 

Amedeo Savastano

Il Cossiga style

di Luciano Lombardi **

Per capire Cossiga, il suo carattere, il suo stile, non basta ripercorrere le tappe della sua carriera politica. È necessario invece ricercare alcuni collegamenti di carattere ideale e culturale che ci consentono di delineare l’uomo, il politico, lo statista, con le sue ansie, le sue certezze, i suoi sentimenti, la sua solitudine, la sua serenità.


Se proviamo ad esempio a rileggere alcune pagine di quella splendida opera letteraria del nostro tempo che è « Paese d’ombre » di Giuseppe Dessì ci si avvicina al carattere e alla spiritualità di Francesco Cossiga.
« Paese d’ombre » fu pubblicato agli inizi degli anni ‘70 (era l’ottobre del 1972); mi tenne compagnia nel lungo viaggio aereo verso il Cile di Allende e nei moménti della tensione di Santiago che precedette il colpo di Stato di Pinochet.
Quando Cossiga fu eletto, quasi quattro anni fa, con la plebiscitaria votazione del Parlamento riunito, furono in molti a chiedersi e a chiedermi:
Ripensando a Dessì ci siamo così accorti di conoscere un po’ meglio Francesco Cossiga, professore di diritto costituzionale all’Università di Sassari, interprete anch’egli di quella insularità non solo geografica, ma culturale, sociale, psicologica della gente sarda, continuatore di quella tradizione cultural-politica alla quale hanno attinto anche Segni, Berlinguer e prima di loro Gramsci, Lussu e liricamente Grazia Deledda.
La riservatezza, il rigore morale e spirituale, la volontà di non conferire spettacolarità alle sue iniziative, di dare importanza e significato alle concretezze, di non enfatizzare oltre il dovuto la fur)zione del Presidente in una Repubblica parlamentare come la nostra sono tante chiavi di lettura del temperamento del nostro ottavo Capo dello Stato.
Cossiga è salito al Quirinale nel 1985, dopo « le phenoméne » Pertini (fu Le Monde a definire così la presidenza del vecchio Sandro). Pertini ha lasciato nell’animo degli Italiani e nella storia della nostra quarantenne Repubblica un segno incancellabile. Ha ridato fiducia ad un paese che l’aveva perduta, ha reso trasparenti le pareti del Quirinale, portando nel Palazzo e fuori una ventata di umanità e di pulizia, ridando alla politica un volto umano. Ha ragione Spadolini quando afferma: « ... le conseguenze politiche della presidenza Pertini saranno nei libri di testo di domani... ». E Francesco Cossiga ha raccolto una eredità pesante: da un lato assicurare la continuità del new deal istituzionale aperto da Pertini, dall’altro quello — difficilissimo — di tradurre in termini politici il messaggio sentimentale del periodo pertiniano, far comprendere agli Italiani che il Paese è uscito dall’emergenza, che la « seconda » Repubblica aveva, ed ha, bisogno di crescere. E allora ha imboccato l’unica via possibile — e a lui peraltro congeniale — di apparire al paese come il notaio della Costituzione, il custode e interprete leale e fedele delle istituzioni repubblicane, rispettando le quali si può davvero essere « il Presidente della gente comune ».


A Napoli, nella sua prima visita ufficiale in Italia, dedicata a questa città amata; raccontata spesso, in modo distorto, non capìta, ammalata, strappata (come la cartolina della copertina di Raffaele La Capria), Cossiga rispondendo ad una domanda di un collega che voleva paragonare questo settennato al precedente, disse: « non ho l’applausometro in tasca ».
Fu l’esordio di uno stile nuovo, lo stesso che abbiamo registrato nelle visite della diplomazia del caminetto, in Svizzera, in Austria, in Jugoslavia, nei viaggi di Stato in Germania, in Belgio, in Irlanda, in Canada, in Spagna, in Israele, in Australia e in Africa.
In questi viaggi, nei primi giorni, la stampa estera — avvenne a Dublino, come a Bruxelles e a Bonn — è in genere molto favorevole. Man mano poi che la visita si articola nei suoi aspetti diplomatici e protocollari, non appena cioè il Presidente appare meno sconosciuto, la ricaduta sui Media è immediata. Cossiga viene descritto come un presidente che serve e custodisce le istituzioni, con discrezione e con un occhio attento ai problemi reali del nostro Paese. È in altri termini come ha commentato il Citizien di Ottawa, un Presidente da scoprire piano piano... Una riflessione questa che travalica il bilancio che pure si cerca di tracciare ogni volta che si gira il calendario di un anno di presidenza. Ricordo che proprio a Ottawa, egli stesso, parlando con noi, disse che il primo anno di permanenza al Quirinale era stato dedicato « ad una meditazione a voce alta sulle istituzioni ».
In politica estera Cossiga ha verificato l’immagine, sempe più nitida, del nostro paese sui grandi problemi, la distensione, il dialogo est-ovest, il Mediterraneo, il Medio Oriente, la neutralità e il non allineamento, l’Europa e la necessità di costruire ancora e rafforzare il messaggio di europeità.
Sul fronte interno il Consiglio Supremo di Difesa, il Consiglio superiore della Magistratura, la presenza morale in occasioni significative della vita italiana, le crisi di governo con le relative consultazioni nello Studio alla Vetrata, hanno già siglato questi anni di presidenza.
Il suo intervento al C.S.M. è stato di grande correttezza Costituzionale e soprattutto di consapevole fermezza, anche se meno produttivo sul piano della popolarità.
In occasione dei 40 anni della Repubblica, parlando a Montecitorio al Parlamento a Camere riunite, Cossiga ha tenuto una lezione di democrazia: « In quarant’anni — disse — il nostro popolo è cresciuto con la Repubblica e con la Costituzione. Spesso il cammino è stato difficile, ma siamo andati avanti. Abbiamo percorso un lungo cammino di libertà e di pacifico progresso, avendo nell’animo il monito e l’insegnamento di Francesco De Sanctis: « la libertà si impara con la libertà ».
Sul fronte più squisitamente politico-costituzionale Cossiga, nei tre anni e mezzo di presidenza è stato impegnato seriamente in cinque crisi di governo. E, in ciascuna di esse, il Presidente si è sforzato di giungere ad una soluzione, nell’interesse del Paese e con grande correttezza istituzionale. Pensiamo allo scontro tra Craxi e De Mita, al ricorso a espedienti di ingegneria costituzionale, come l’incarico esplorativo a Nilde Jotti, l’incarico al vecchio — ma sempre « saporito » — « mezzo toscano » Fanfani, come ai mandati affidati a Goria e poco meno di un anno fa a Ciriaco De Mita.
In tutte le quasi 50 crisi di governo della Repubblica, l’emergenza del Paese è apparsa sempre sfocata. Nelle ultime, per la verità qualcosa è cambiato e di questo cambiamento il professore di Sassari è consapevole dal momento che sta lavorando — per usare le sue stesse parole — per una Repubblica a misura di cittadino per una Repubblica che ancora « non ha completamente adempito i precetti fondamentali della Costituzione ».
Il nostro Stato sarà davvero moderno quando avrà dato una risposta alla domanda di lavoro dei giovani, alla domanda di garanzie delle donne e degli anziani, alla domanda di giustizia di tutti che chiedono riforme, stabilità e, soprattutto, elevazione della condizione umana, premessa indispensabile della libertà.
C’è anche un altro risvolto che è meno spettacolare: Cossiga ha impresso una nuova « gestione » al Palazzo del Quirinale.
L’ottavo Presidente della Repubblica ha consolidato quel ritorno di attenzione verso la massima istituzione dello stato repubblicano che Pertini aveva riacceso, sia pure con toni emotivi e con un carisma da Padre della Patria.
Ora tocca a lui proseguire nella costruzione di una Italia che deve diventare sempre più europea e più sana.
E non è certo un compito facile. Buon lavoro, Presidente.

** Luciano Lombardi è giornalista scientifico e vice Direttore del GR/I con incarichi speciali tra i quali il compito di seguire il Presidente della Repubblica nei viaggi di Stato in Italia e all’estero e nella attività istituzionale.
Accreditato al Quirinale dal 1978 ha seguito il settennato di Sandro Pertini e, dal luglio del 1985, segue la presidenza di Francesco Cossiga.
Lombardi napoletano di nascita, dopo la «Nunziatella «, il glorioso Collegio Militare di Pizzofalcone, si è laureato in Giurisprudenza. Ha cominciato l’attività giornalistica al «Mattino» con Gino Palumbo e proseguendola alla Sede napoletana della
RAI-TV.
Dal 1977 ha condotto in studio circa 400 trasmissioni di «CHECK-UP «, nato per contribuire ad elevare 11 livello di educazione sanitaria del nostro Paese.
Lombardi ha pubblicato con l’ERI il volume «GR/i per l’Europa» dedicato alla prima elezione del Parlamento Europeo di Strasburgo. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra i quali il premio «Stampa Medica» per l’informazione scientifica e il Premio Chianciano come migliore giornalista del 1987.
È stato insignito del Premio dell’international College of Surgeons per la migliore divulgazione biomedica italiana.

 

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 30 Agosto 2010 09:50