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ITALIA - UNGHERIA

 PREFAZIONE 

Il paradosso ungherese tra il 1927 ed il 1934, nasceva dal fatto che, caso unico in Europa, il fascismo italiano aveva stretto con il Partito autoritario di Istvàn Bethlen un’alleanza politica che, nel tentativo di rafforzare le posizioni italiane in quest’area, porta dei Balcani, finirà per creare inconsapevolmente le indizioni per una modernizzazione politica del Paese anche in una chiave del tutto imprevista dai due leaders di Governo, il fascista Mussolini ed il conservatore Bethlen.

     Questa chiave di lettura della storia dell’Ungheria, nonché l’interesse a ricercarne le linee guida nel periodo temporale tra le due guerre - un sentiero, questo, quasi del tutto inesplorato in Italia - ci ha spinti a ricercare tutti quei parallelismi, quei contatti più o meno palesi, ma anche tutte quelle indubbie differenze, non solo di forma ma anche di contenuto, esistenti tra il fascismo italiano ed il cosiddetto “fascismo” ungherese che, se si vuole mantenere questa definizione di immediata comprensione, ha avuto comunque una sua connotazione particolare ed unica.

     D’altra parte, eccezion fatta per eminenti storici quali Carocci, Borejsza e pochi altri, ci sembra che il “problema ungherese” non abbia avuto la giusta considerazione nell’acceso dibattito storico sviluppatosi sin dal dopoguerra,  infatti, come risulta subito evidente scorrendo i manuali di storia delle relazioni internazionali, l’attenzione è costantemente rivolta all’azione dei Governi delle Grandi Potenze come l’Italia, la Francia, la Germania, l’Inghilterra, oppure è tesa a vagliare le posizioni politiche e storiche di Potenze medie come l’Austria, la Cecoslovacchia o la Polonia. Di gran lunga inferiore è lo spazio e l’attenzione dedicata all’Ungheria, quasi come se questo paese fosse molto lontano, non solo e non tanto dai confini delle grandi Potenze, quanto dai destini delle stesse. È un’affermazione che può apparire eccessiva, ma dagli studi sin qui effettuati si è formata l’opinione che le Grandi Potenze non erano disposte a concedere nessuna seria rilevanza politica all’Ungheria, quasi come se essa venisse vista in una prospettiva orientale più che mitteleuropea, per cui i suoi destini prescindevano da quelli degli Stati forti. A noi sembra invece che il ruolo e l’importanza di questo Paese vadano rivalutati, non certo per i sia pur rilevanti trascorsi storici dell’epoca asburgica, quanto per una serie di altri fattori - trasparsi dallo studio attento dei Documenti Diplomatici italo-ungheresi ancora inediti - che gettano nuova luce sul ruolo di questo Paese, sia nei confronti delle grandi Potenze quali l’Italia e la Germania, sia nei confronti della propria area geografica d’appartenenza. Innanzitutto va sottolineata l’importanza strategica dell’Ungheria. Se guardiamo all’Europa disegnata a Versailles, balza subito agli occhi il fatto che questo Paese, smembrato enormemente, assume il ruolo di punto d’incontro tra Mitteleuropa e Balcani, tra civiltà occidentale, mondo slavo e cultura orientale, fattori che implicano il concorso di forti influenze etniche e quindi socio-politiche.

     Altra importante considerazione da fare, che testimonia validamente il nostro interesse in relazione alla storia di questa terra ed ai suoi rapporti politici e storici con l’Italia, riguarda lo scenario postbellico del 1918, in cui l’Ungheria si presenta come una delle chiavi di volta di tutto il sistema balcanico. Essa non presentava il decentramento geopolitico di Paesi quali la Romania e la Bulgaria. Era attaccata al sistema centro-orientale per cultura e tradizione ma tuttavia presentava notevoli aperture ad Oriente. Non a caso queste motivazioni avevano indotto Mussolini a prendere in considerazione la possibilità di farsi strada in questo Paese per tentare di realizzare una testa di ponte per l’espansione italiana nei Balcani.

     A ciò si aggiunga il ruolo di trat d’union, assunto dai Governi Bethlen e poi Gömbös, tra Fascismo italiano e Nazionalsocialismo tedesco, elemento fondamentale su cui si fonderà l’interesse deciso e forte dei suddetti regimi totalitari, sia nel campo politico che in quello economico, con conseguenze di notevole portata. Ci si potrebbe chiedere come mai due Paesi caratterizzati da nessuna forma di contiguità territoriale e culturale e addirittura nemici durante la Grande Guerra, abbiano poi potuto realizzare una politica d’alleanza così stretta. La risposta sta nelle rispettive strategie politiche ed economiche che presentavano indubbi punti di contatto. Budapest, colpita a morte dal Trattato del Trianon (4 giugno 1920) appoggiata dalla spinta costante di un intero popolo, cercava una Potenza in grado di soddisfare le proprie aspirazioni revisioniste. Per questi piani il migliore alleato non poteva che essere Roma, che proprio lungo la direttrice balcanica (oltreché ovviamente quella africana), tentava di realizzare i propri piani di espansione economico-culturali, preludio a quelli politici. Su tali basi lo sviluppo di un rapporto di alleanza era conseguente. Anche in larghi strati della popolazione italiana la causa magiare destava simpatia, così come a Budapest gli animi erano lusingati per l’interesse mostrato da una grande Potenza - certo meno potenza dell’Inghilterra e, seppur in fieri della Germania - vincitrice della Grande Guerra e guidata da un capo dal carisma indiscusso come Mussolini.

     Infine, ultimo ma non ultimo, da evidenziare ancora l’opera per certi versi “controrivoluzionaria” del Governo autoritario ma illuminato di Bethlen; vale a dire l’interessante politica svolta per il rinnovamento di interi settori della società magiara, che favorirà addirittura l’avvio del dialogo di questo Governo con le socialdemocrazie cecoslovacche e rumene. Difatti la legge sull’abolizione del latifondo e sulla riforma della politica agricola (che determinerà la nascita di un grande numero di piccoli proprietari terrieri rappresentati da un vero e proprio Partito), e quella sul miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai nei grandi distretti industriali del Paese, favoriranno il rafforzamento di quelle classi sociali che, vicine alle posizioni socialiste, costituiranno un valido baluardo all’avanzata delle forze fasciste nel Paese dopo il 1940. Se infatti l’Unione Sovietica riuscirà a liberare il Paese nel 1944 con relativa facilità, ciò sarà dovuto non solo al disfacimento dell’intera macchina militare e politica tedesca, quanto piuttosto all’azione intelligente e tenace di quelle forze socialiste ungheresi nate e sviluppatesi a partire dal 1927 anche grazie ad una politica “paradossalmente tollerante” di un partito autoritario.

 

 

 

NOTE AL TESTO

Questo studio nasce dalla volontà di colmare una lacuna storica, attraverso un’analisi attenta di Documenti Diplomatici, Atti Politici ed Economici assolutamente inediti, consultati presso l’Archivio di Stato e l’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri. Gli Autori si sono limitati a riportare nel loro lavoro tutte le segnalate citazioni storiche senza intervenire su di esse, né modificandole, né correggendole.

 

Documenti Diplomatici Italiani: Serie VI-VII-VIII-IX-X.

Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri: Affari Politici; Affari Economici.

Archivio di Stato: Documenti ufficiali della Società delle Nazioni; Documenti Politici; Documenti Economici.

Archivio Storico Vaticano.

Per completezza sul metodo si sottolinea invece, che la ricerca presso l’Archivio Pontificio si è rivelato insolitamente del tutto infruttuoso.

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