Basi formative e culturali degli operatori della riabilitazione nel trattamento dell’autismo secondo l’Intervento Foniatrico Integrato

Un tempo  ancora molto discusso quando si parla di terapie dell’autismo, è quello relativo alle modalità di trattamento e alle reali possibilità di superamento della sintomatologia autistica da parte di chi ne è affetto.
Un’esperienza ormai trentennale maturata in questo campo, mi consente oggi di affermare che se da un lato non si può certo sostenere che l’autismo sia estinguibile in tutti i casi, dall’altro non è neppure esatto negare che esistano adolescenti, ragazzi, adulti, che possono ormai dire di “aver avuto l’autismo”, dal momento che non ne presentano più le manifestazioni.
Analizzando a ritroso il lavoro svolto in un arco di tempo ormai considerevole, mi sono più volte domandato che cosa avesse funzionato e che cosa no, nel corso di un lavoro di diagnosi, terapie, verifiche costanti, la cui caratteristica forse più importante credo sia stata l’atteggiamento di revisione continua dell’attività svolta, al fine di poter confermare le soluzioni vincenti, e modificare in parte o del tutto le iniziative i cui risultati risultavano non efficaci.
Alla luce di una mentalità che (contrariamente a come ragionano coloro i quali si autoreferenziano come “unici validati”) mi poneva in uno stato di costante critica e analisi del nostro lavoro, ho identificato diversi fattori che ho definito come componenti necessarie per ottenere concreti risultati nel trattamento delle sindromi autistiche.
L’argomento è ovviamente molto ampio, e per una più completa disamina di tutti i suoi contenuti, rimando alla letteratura citata a fine articolo. In questa sede vorrei porre in evidenza il significato, il ruolo, le competenze e le qualità dei protagonisti della lotta all’autismo: i terapisti.


Nell’ambito del nostro sistema di lavoro, definito Intervento Foniatrico Integrato, tutti i professionisti che ne fanno parte, devono possedere determinati requisiti di base, la cui presenza costituisce condizione necessaria per operare nel team; e allo stesso tempo, occorre che alcuni criteri e regole vengano rispettati e realizzati in ogni circostanza e luogo.
Riassumendo i principi basilari (non unici, ma descrivibili come i primi e più evidenti da rispettare) ai quali ispiriamo le nostre modalità di intervento, comincerei con l’affermare che, dal momento dell’inquadramento medico foniatrico in poi, il terapista è protagonista e organizzatore dello svolgimento delle sedute di trattamento.
Di conseguenza, nelle ore di terapia:
– Non sono i genitori a gestire l’andamento del lavoro e i programmi da realizzare.
– Non comandano i bambini con le loro presunte esigenze o i loro capricci.
– I tirocinanti, regolarmente presenti per necessità didattiche e di aggiornamento, non intervengono di propria iniziativa se non invitati a farlo dal terapista che sta conducendo la seduta.
Un terapista, oltre alle conoscenze specifiche della materia foniatrico-logopedica-audiologica-neurologica-psicologica-educativa, deve possedere capacità culturali e relazionali di un certo spessore,

anche per saper adattare le proprie conoscenze tecniche a chi non è del campo.
Deve pertanto conoscere bene e padroneggiare la lingua italiana, parlando in italiano corretto, anche secondo le regole dell’ortoepia e non solo della fonetica articolatoria, e non in dialetto!
Deve inoltre conoscere almeno altre due lingue, soprattutto se lavora in un circuito internazionale, o comunque con bambini provenienti da altre nazioni, come avviene nei nostri Centri.
Deve conoscere bene la matematica, dovendo saper gestire l’insegnamento della stessa, adattando le regole generali alla portata dei singoli pazienti.
Deve conoscere adeguatamente la storia, la geografia, le scienze.
Deve avere basi culturali musicali, come la conoscenza delle note e l’uso del ritmo da adattare nel contesto della terapia.
Un terapista come da noi voluto, si pone concettualmente, moralmente e tecnicamente, al servizio del paziente, non -come già detto precedentemente- per assecondarne capricci e pretese immotivate, ma per operare realmente ai fini del suo benessere fisico e mentale.
Deve evitare di truccarsi, di indossare smalti e rossetti colorati, gioielli vistosi, vestiti scomodi; deve anche tenere il viso sempre ben scoperto, privo di piercing ed altri oggetti estranei.
Da quanto esposto, e anche analizzando i contenuti dei programmi formativi per i nostri operatori, si deduce che occorre una preparazione di fondo molto ampia, che si pone l’obiettivo di generare terapisti in grado di gestire tutti gli aspetti del profilo comunicativo (sensoriale-percettivo, cognitivo, motorio-prassico-espressivo, emotivo-relazionale comportamentale); senza che questa aspirazione voglia portarci a formare “tuttologi”, ma non vogliamo neppure che un operatore si consideri “settorizzato” nel trattamento di questa o di quella specifica patologia.
Tra le discipline meno comuni ai percorsi di formazione di altre cosiddette metodiche, abbiamo la foniatria nel pieno significato di tutti i suoi contenuti, la linguistica, l’audiologia e vestibologia, lo studio

della bocca e, in senso più ampio, delle funzioni orofacciali masticatorie, deglutitorie, articolatorie, mimiche; la musica e l’arte in generale, nei suoi possibili utilizzi ai fini comunicativi; lo studio del comportamento e degli interventi per il suo modellamento, tema, quest’ultimo, che in sé non avrebbe nulla di originale rispetto ad altri filoni terapeutici, ma che invece noi, rispetto ad essi, consideriamo parte integrante sin dall’inizio del lavoro sulle altre abilità (sensoriali, motorie, linguistiche, cognitive…) e non come capitolo a se stante, o addirittura come elemento unicamente portante. Vedasi al riguardo, quei metodi definiti “comportamentali”, o “cognitivo-comportamentali”, che finiscono, da un lato, col dare spazi sproporzionati alla componente comportamentale, dall’altro, a decontestualizzarla da alcune parti del lavoro abilitativo, che, quando peraltro prese in giusta considerazione, finiscono con l’essere coltivate in modalità fine a se stessa, e quindi senza la permeanza del controllo della condotta, relegato alle apposite e troppo specifiche aree di intervento.
Anche i terapisti vanno sottoposti a revisione ed aggiornamento continui. Il loro perfetto stato di forma psico-fisica rappresenta un’altra condizione necessaria perché possano continuare ad essere operativi. In caso contrario prevediamo la loro sospensione temporanea o definitiva. Non è un atteggiamento severo intransigente nei loro riguardi, ma una doverosa premura verso i pazienti, ai quali dobbiamo garantire la presenza in campo delle maggiori e migliori forze, se vogliamo sperare di ottenere i risultati concreti di cui parlavamo.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE riferita ai contenuti del testo:

Borghese M., Un bambino su cento ha l’autismo, Aldenia Edizioni, Firenze, 2015.
Borghese M., “Ho avuto l’autismo”, Aldenia Edizioni, Firenze, 2016.
Borghese M., Terapie degli autismi, Aldenia Edizioni, Firenze, 2018.
Borghese M., L’autismo non è per tutti, Aldenia Edizioni, Firenze, 2019.