ll tortuoso percorso parlamentare con il quale si è giunti alla rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica ha riaffermato, tra accuse reciproche, veti incrociati e lacerazioni interne, l’assoluta inadeguatezza delle forze politiche.
Nel suo discorso di insediamento, Mattarella ha chiesto ai partiti di affrontare responsabilmente l’ultimo scorcio di legislatura, sottolineando, tra l’altro, la necessità di varare una nuova legge elettorale che determini finalmente stabilità in Parlamento.
La litigiosità tra i partiti è stata purtroppo l’avvilente tratto distintivo delle ultime “quirinalizie” per cui è molto probabile che, alla fine di un lungo e inconcludente confronto, si arrivi al voto con l’attuale Rosatellum.
Sappiamo tutti che la legge elettorale definisce le regole del gioco, che se modificate possono cambiare gli equilibri in un senso o nell’altro. I partiti politici stanno soffrendo sia una crisi interna sia di credibilità popolare, che non si vedevano dalla prima Repubblica, perciò una nuova legge elettorale s’impone.
Ma non tutti la pensano allo stesso modo: Lega e Fratelli d’Italia, volenti o nolenti, sono chiamati a fare alleanza e quindi sostengono il sistema maggioritario, mentre i leader dei piccoli gruppi come Renzi, Toti, Cesa, De Poli, Lupi e Brugnaro sono contrari al maggioritario. Inaspettatamente anche Forza Italia ha aperto al proporzionale. Ancora indeciso il Partito Democratico.
Ritengo (oppure Italia Solidale ritiene) che ci possano essere poche opzioni, la più gradita alle segreterie dei partiti che compongono le liste sarebbe la riconferma dell’attuale Rosatellum “aggravato” dallo sbarramento del 5 per cento. Se poi volessero recepire la proposta del Presidente Mattarella, presumo condivisa dal Presidente della Consulta Giuliano Amato, potrebbero rispolverare il Mattarellum cambiandone le proporzioni, portando al 60 per cento la quota maggioritaria e al 40 per cento la quota per le liste bloccate. Questo nuovo sistema potrebbe trovare il gradimento dei segretari di partito che così potrebbero determinare comunque un cambiamento elettorale salvaguardando la maggior parte dei deputati “nominati” di fatto, in perfetta continuità col passato.
Il centro studi di Italia Solidale da tempo, invece, teorizza l’adozione della legge elettorale delle Province, integrata dalla rivisitazione dei collegi e dall’indicazione popolare del presidente del Consiglio ricevibile dal presidente della Repubblica in fase di affidamento di incarico per il nuovo governo. Sarebbe senz’altro la formula più rispondente alle istanze di rappresentatività e di stabilità, tanto più che in presenza di formule proporzionali appare opportuno scongiurare la creazione di coalizioni con un’attitudine a mantenersi unite nella fase elettorale, ma destinate, con ogni probabilità, a frammentarsi dopo il voto in vista di nuove aggregazioni rispondenti agli equilibri politici determinatisi. È preferibile, quindi, non indurre gli attori politici in scelte incongruenti e dunque rinviare le negoziazioni per la formazione dell’esecutivo alla fase post-elettorale.
Sinteticamente, il punto qualificante della proposta di legge elettorale che Italia Solidale sostiene è l’adozione di una formula proporzionale strutturata su collegi uninominali già esistenti come la legge per l’elezione dei vecchi Consigli provinciali. Il grado di selettività del sistema potrà essere tarato attraverso la definizione del numero e dell’ampiezza delle circoscrizioni con una maggiore attenzione nella scelta delle candidature che devono essere rappresentative dei territori.
Enzo Rosario Mgaldi