Livolsi: nuova guerra fredda industriale, Italia (ed Europa) senza strategia

L’analisi del professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A.

La nuova ‘guerra fredda’ industriale con gli Stati Uniti e le strategie di Italia ed Europa. E’ il tema al centro dell’analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel primo appuntamento dopo la pausa estiva della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco. “Settembre riparte nel segno dell’incertezza macroeconomica globale che contraddistingue i primi nove mesi dell’Amministrazione Trump- sottolinea- I dazi del 15% imposti a fine luglio dagli Stati Uniti contro l’Europa, che colpiscono una vasta gamma di prodotti – tra cui auto e componentistica, farmaci e agroalimentare – si sommano a quelli del 50% già applicati ad acciaio e alluminio e vanno a intaccare in modo dirompente le eccellenze del made in Italy”.

LIVOLSI: “IL VINO GENERA 1,9 MILIARDI DI EXPORT ANNUO VERSO GLI USA”

“Basti pensare al vino– continua- che da solo genera circa 1,9 miliardi di euro di export annuo verso il mercato statunitense, pari al 24% delle esportazioni mondiali di vino italiano. Washington rafforza la linea protezionistica anche sui semiconduttori e sulle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. La Cina, dal canto suo, non sta a guardare: nel 2025 resterà il primo investitore mondiale nei semiconduttori, con una spesa prevista di 38 miliardi di dollari in attrezzature, consolidando così il duopolio globale. Siamo ormai in una nuova guerra fredda: non ideologica come quella del Novecento, ma industriale e tecnologica, combattuta a colpi di dazi e controllo delle filiere strategiche“.

LIVOLSI: “IN EUROPA LA CRESCITA RESTA DEBOLE”

E l’Europa? “Hanno in parte ragione gli osservatori secondo cui l’Ue ha trovato una forma di unità solo nell”inchinarsi di fronte a Trump– dice ancora Livolsi- senza elaborare una propria visione autonoma. La Bce ha fermato i tagli dei tassi al 2% sui depositi, dopo otto riduzioni consecutive in un anno: una scelta dettata da prudenza, con l’inflazione tornata intorno al target del 2%. Il 10 e l’11 settembre si terrà a Francoforte la riunione del Consiglio direttivo dell’istituto presieduto da Christine Lagarde. Intanto la crescita resta debole: il Pil dell’area euro è previsto in aumento di appena 0,9% nel 2025, secondo le stime della Commissione europea. Non sorprende che anche in Italia diverse voci politiche invochino un nuovo intervento della Banca centrale per portare i tassi almeno all’1,5%, se non all’1%. Affidarsi soltanto alla leva monetaria però non basta. Come sosteniamo da tempo, senza una vera Unione dei mercati dei capitali e una politica industriale europea, il continente resterà terreno di conquista. E l’Italia, ancora più esposta, rischia di subire un colpo maggiore: siamo un Paese che ha costruito la propria ricchezza sulla manifattura – l’industria vale ancora circa un quarto del Pil – ma potremmo ridurci ad area di consumo, importando tecnologia, energia e piattaforme digitali, mentre difendiamo a fatica i nostri settori tradizionali”.

L’ITALIA VUOLE RESTARE UN PAESE INDUSTRIALE?

“La domanda è semplice: vogliamo restare un Paese industriale, dentro un’Europa industriale, oppure rassegnarci a essere un semplice mercato per le produzioni altrui? Se la risposta è la prima, come credo e auspico, servono scelte coraggiose: da un lato investimenti in ricerca, formazione e intelligenza artificiale, dall’altro una politica fiscale che incentivi il capitale privato a sostenere le nostre Pmi nel passaggio generazionale e nei processi di crescita. E soprattutto un’Europa capace di agire con una voce sola, mettendo insieme risorse e visione. La nuova guerra fredda industriale non si vince con tatticismi, ma con un patto strategico nazionale ed europeo. A questo riguardo- conclude Livolsi- le dichiarazioni del primo ministro francese, Francois Bayrou, sul presunto dumping fiscale dell’Italia appaiono come polemiche sterili, che non contribuiscono al necessario e imprescindibile percorso comune europeo”.

Pubblicato:03-09-2025 su Dire