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CONSIDERAZIONI

 

L’errore in cui è caduta una gran parte della sinistra del PCI–DS, alla luce delle considerazioni che faceva Lombardi già nel ’66 è certamente quello di voler a tutti costi evitare il contributo e il coinvolgimento dell’allora PCI, nei processi di ristrutturazione e riforma della società. Ed è questo  lo stesso perverso meccanismo che scatta nei confronti del PSI degli anni ‘90 - e di quello che ne resta - nei successivi anni dal ’93 in poi , che si ripete , con maggiore vigore fino al 2000 e oltre, con l’uso sconsiderato di toni aspri, certamente non degni,  di chi, in quel momento, si sente di rappresentare una storia cosi grande come quella del PCI.

È in questo stesso parallelo, il perverso meccanismo, che spiega il travaglio che si consuma nella sinistra,  dove si determinano ferite profonde, che a volte, sembrano diventare insanabili perché portate fino all’estremo  individualismo e  al più fazioso interesse di parte. Dopo il fallimento - che sconvolge tutto il sistema politico - dell’iniziativa di riforma elettorale lanciata da “alcuni” , convinti che fosse questo  lo strumento più adatto a traghettare  l’Italia fuori dalla confusione ingenerata dal  deflagrare degli eventi successivi al periodo “dei processi di piazza”.  C’e’ un momento, che questo progetto,  rivelatosi  ben presto inadeguato e troppo ambizioso,  per la sua incompletezza, risulta non essere considerabile l’unica soluzione o via di fuga;

Ed è in questo clima che Giuliano Amato  ed altri  lanciano un’iniziativa che appare subito coinvolgente . Un’iniziativa che nello spirito del maggioritario, tenta di ricomporre l’energie delle forze riformiste , sindacali e del mondo delle professioni, del riformismo cattolico e del mondo laico, in un  riformismo  europeo di tipo socialdemocratico.

 Così come l’8 marzo del ’69 nasceva l’ACPOL (associazione di cultura politica) un vero e proprio forum di attività politica comune tra la sinistra socialista e la nuova sinistra cattolica, nel ’95, in una saletta affollata, a Roma,  riecheggia il nome della rivista "Italia Domani (Domani d’Italia)", si tenta di evitare la sommatoria di forze residue , ma di rilanciare un nuovo meccanismo, certamente più aderente ai cambiamenti del sistema politico, che tenga conto di tutto il peso  ormai determinante dei media …e “dei mostri” che, ormai fuori da ogni logica, ingenera.

A conferma di come la storia  si intrecci e continui nei fatti, il suo percorso basti ricordare, a supporto del progetto che rilancia Giuliano  Amato con “Italia Domani”, i leit motiv di Riccardo Lombardi  che dal ’68 in poi va ripetendo “la necessità assoluta di riforme strutturali e non solo di sovrastruttura” e dove Lombardi vede una nuova sinistra - che dialoga con il movimento studentesco e con il mondo dell’imprenditoria - che parla  alla sinistra cattolica, soprattutto, a quella  della CISL e delle ACLI sempre più autonoma dalla DC e al mondo della cultura accademica.

Tanti bei nomi con una grande storia, o, quantomeno, di antica data  Cerfeda, Cafagna , Covatta, Epifani, Giugni, La Malfa, Morese, Maccanico, Larizza,  Roversi-Monaco, Spaventa, Treu…

Anche questa però è una fiammata che si spegne sotto le prime gocce d’acqua!

Fallito il tentativo, il testimone passa ad altri nel ‘96 con la spinta “dell’avvocato di Torino”, si riparte con  Prodi e nascono i comitati Prodi, spunta L’Ulivo  che vince le elezioni per il rinnovo delle Camere. Una forza semplice ma forte: sembra che ci sia una spinta, anche se meno laica verso una forma di riformismo solidale.

Tutto dura poco: ai DS ex PCI non basta. Nel ’99 nasce la cosa 2, forte di un grande (forse, falso) spirito unitario  con l’ambizione di raccogliere dentro un ‘unica’ grande forza politica, le varie componenti del riformismo socialdemocratico.

Ambizioso  e solo sulla carta,  in realtà si rivela essere quasi la resa dei conti, per i notabili di un partito sempre più diviso, che non  fa tesoro della amara esperienza di altri, che avevano già vissuto gli stessi travagli che, oggi cominciavano ad affrontare diventando  loro  forza di Governo, cominciano ad affrontare.

Così, Prodi viene “promosso” Presidente della Commissione Europea e D’Alema si “costringe” alla Presidenza del Consiglio!

La cosa 2 non diventa un partito socialdemocratico unico della sinistra Europea, è un ulteriore grande ed amarissima delusione. Stati generali, mobilitazioni solo farneticazioni di ingenui idealisti. Tutto si scontra con la dura realtà - Ed ecco che la grande intuizione di Craxi: la gran voglia   della società di “liberalsocialismo”, sottovalutata dalla intera sinistra, diventa  realtà. Realtà che una società cosi frastornata da “consumismo” e  “mediaticità”  chiede sempre  più a gran voce. Craxi aveva compreso come l’Europa ormai avesse ritenuto conclusa la lunga ricerca di una socialdemocrazia, che la cosiddetta sinistra voleva indicare come il più moderno sistema di governo per l’Europa, in condizione di competere con il “grande modello americano”. Togliere l’illusione ai laici e la speranza ai cattolici non si rivela un buon viatico, la mancanza di “sicurezze” - da quelle sociali alle personali - danno una grande spinta, comunque, alla voglia di provare il nuovo. Così è storia di oggi il nuovo governo Berlusconi. Oggi è evidente come l’Europa si muova in tal senso e trovi quindi la sinistra assolutamente impreparata a governare questo processo di cui invece si  è fatto portavoce il ceto moderato  di destra della classe politica e dirigente.

Uno dei principali guasti degli ultimi  periodi è stato il determinare e ritenere ininfluente la scomparsa della “ragion di Stato”, considerandolo  un  fattore superfluo per la tenuta  e la crescita dello Stato stesso. Mentre invece, è da considerare che  è stato proprio il trincerarsi intorno a questo “vecchio valore” ciò  che in diverse grandi democrazie internazionali ha consentito una costante indispensabile spinta a reagire all’incalzare dei cambiamenti fisiologici della società.

La mancanza di uomini di Stato, e, il voler cancellare a tutti i costi anche   quello che di buono è stato fatto negli ultimi 50 anni, hanno  contribuito a determinare l’attuale clima di insicurezza.

Altri Paesi come la Francia che hanno sempre conservato forte il senso dello Stato hanno  aperto e chiuso il capitolo corruzione in tre mesi, mettendo sul piatto della bilancia il danno di immagine di un intero Paese, in cambio di un falso ripulisti di uomini e non di meccanismi. Il tutto senza intaccare la struttura portante delle scelte che  solo se operate possono costituire una reale inversione di tendenze in una società. Una società che si rivela sempre più insicura e confusa, ma che  è molto più veloce nelle scelte,  a dispetto, di quelle ormai fuori tempo della politica!

Il vero problema nella nostra era, è un problema di ruoli.

Il rispetto del ruolo consente che non si ingeneri confusione e pressappochismo, di qui la conseguente mancanza di valori non sostituiti né sostituibili, poiché forse ancora  da inventare.

La base di tutto diventa l’occupazione dello spazio, dietro un simbolo dietro una scelta non c’è scelta ideologica, ma convenienza di spazio, la volontà di poter esprimere  solo il proprio individualismo.

 Oggi la società con le sue scelte, è molto avanti rispetto alla politica, che avrebbe il dovere di guidare quest’ultime, indirizzare le energie migliori, utilizzare le intelligenze più adeguate, ma come può una classe dirigente formatasi, nella migliore ipotesi, solo dal principale impegno di un mondo accademico con perenni arretratezze di strutture, essere all’altezza di tale compito?

Il mondo accademico internazionale, ma soprattutto il nostro, con  gli attuali mezzi, non può più, da solo, costruire menti  aperte al confronto e con senso di autocritica che sono requisiti indispensabili per la crescita di un tessuto sociale sano, fertile adeguato ai veloci mutamenti che impone la “cosiddetta globalizzazione”.

La sfida per gli anni a venire, se la politica vuole riassumere il suo ruolo – peraltro indispensabile per un reale sviluppo della società - è quella di ritrovare, insieme a capacità e qualificazione dei suoi operatori, tanta, tanta passione!

 

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