RICCARDO LOMBARDI
ANTIFASCISTA A MILANO
Il 18 settembre 1984 moriva a Roma Riccardo Lombardi. Nonostante l’età - aveva 83 anni - l’emozione tra i militanti della sinistra fu forte e moltissimi il giorno dopo vollero rendere l’estremo saluto al “vecchio” L., a” Riccardo” come era affettuosamente chiamato nel PSI. Rossana Rossanda lo chiamò sul “Manifesto” il “compagno Lombardi”e Norberto Bobbio “un uomo libero”; Pietro Ingrao scrisse un articolo sull’ ”Unità” intitolato” un uomo che non si rassegnò mai” e “Miriam Mafai parlò di un “solitario della sinistra”.
Un’avversario storico, Indro Montanelli dopo averlo definito ”un guastatore con l’animo di poeta” ricordò che era ”uno dei pochi uomini politici che non sono stati mai assillati dal problema del potere. La sua ambizione era più quella di ispirare una politica che di farla…”e aggiunse: ”…c’è una cosa che al momento dell’addio bisogna dargli atto: l’immacolata onestà…anche noi che non abbiamo condiviso nessuna delle battaglie politiche di L. dobbiamo riconoscere che furono tutte disinteressate. Siamo convinti che commise molti errori ma erano errori che sapevano di bucato, non di fogna. E questo fa di lui nella fauna politica del nostro paese un esemplare purtroppo singolare e degno di generale rispetto”.
Anche Livio Labor, cattolico-socialista amico e compagno di tante battaglie affermò che era scomparso “un grande poeta del socialismo che affascinava i giovani soprattutto perché era ed appariva politico incorrotto e incorrutibile distaccato da ogni voluttà di potere personale”, lo storico Giuseppe Tamburrano ricordò la povertà del suo ufficio e riferì le sue parole: “mi disse: è indigenza, non povertà, con la sua risata immobile che era tutta luce di intelligenza”.
Ma tutti, amici e nemici,
sottolinearono, in quei giorni un altro aspetto fondamentale del carattere di
Riccardo L. :la straordinaria umanità.
Alcuni citarono ”la riscossa” del generale
Cadorna, che rievocando il giorno dell’incontro tra Mussolini e i
rappresentanti del CLNAI all’arcivescovo di Milano,
Sul piano più strettamente politico
Tamburrano- in un articolo sull’Espresso del settembre 1984 – riconobbe una
dote fondamentale che pochi politici italiani hanno avuto: la coerenza.
In nome della coerenza L. fu ostile al PCI
nell’immediato dopoguerra, convinto che il socialismo del nostro paese non
dovesse avere dei modelli imposti dall’esterno, e coerentemente elaborò le
strategie delle riforme di struttura quando si cominciò a prospettare un
ingresso del governo dei socialisti ; quando si rese conto che la sua strategia
per la “fuoriuscita dell’Italia dal capitalismo” non si sarebbe mai concretizzata nel quadro di una collaborazione
con la DC, ruppe con Nenni e finì all’opposizione nel partito.
Coerente fu anche negli anni del PSU,
contrario alla unificazione con i socialdemocratici convinto che fosse
principalmente lo snaturamento del partito,
Poco prima di morire ebbe ancora la forza
per far sentire la sua voce e criticare il craxismo imperante. La figura di L.
è una delle più affascinanti dell’antifascismo italiano anche per
l’antidogmatismo e l’anticonformismo.
La sua vita fu percorsa dalla costante
ricerca di proposte e soluzioni adeguate ad una società in trasformazione che
lo portarono ad esperienze sempre diverse- dal cattolicesimo modernista al
marxismo fino al socialismo non marxista- e contribuirono a formare il suo
spirito critico, sempre insoddisfatto dai risultati raggiunti.
Nel PSI portò con se la cultura e l’impronta
razionalistica che avevano segnato l’esperienza del Partito d’Azione.
Non a caso durante l’ultimo congresso del PDA
aveva detto: “Quando si è stati nel Partito d’Azione si porta per tutta la vita
il marchio di questa appartenenza. Noi siamo come i cattolici che quando hanno
ricevuto uno dei sacramenti, il sacramento dell’ordine, non lo perdono più,
anche in caso di apostasia.
Anche gli azionisti che sono
usciti dal partito portano e porteranno quest’abito mentale ovunque essi siano.
E molti compagni che si sono allontanati da noi, ovunque vadano, se all’inizio
sono stati veramente azionisti rimarranno sempre tali.
Questo sacramento dell’ordine lo portano tutta
la vita”. L’idea stessa di profonde modifiche nelle strutture sociali e politiche del paese costituiva il programma
degli azionisti – in particolare quelli del nord Italia – all’indomani della
liberazione.
La formazione giellina ed azionista contribuirono
in maniera determinante all’elaborazione della strategia riformistica di L. :
durante gli anni del centro-sinistra
“Riccardone” come era chiamato
affettuosamente dai compagni di liceo e di università – aveva ricevuto
un’educazione rigorosa e severa da parte della madre fervente cattolica, ma non
bigotta – e forse negli anni della prima giovinezza aveva appreso che non
bisogna mai pentirsi delle proprie azioni e delle proprie scelte fatte con
senso di responsabilità e coerenza. La famiglia viveva a Regalbuto, in
provincia di Enna, dove L. nacque il 16 agosto 1901[1].
Il padre, tenente dei carabinieri trasferito in
Sicilia alla fine del secolo scorso morì quando il bambino aveva appena
tre mesi.
I due figli
Riccardo e Ruggero furono educati dalla madre siciliana. La formazione
culturale dei ragazzi è essenzialmente cattolica: il primo libro che L. leggerà
sarà di S.Tommaso d’Acquino. Il fratello
rimarrà fedele a questa impostazione culturale anche
negli anni successivi e si iscriverà
alla DC. I due fratelli restano in ottimi rapporti: entrambi eletti nel
parlamento repubblicano spesso collaboreranno a Montecitorio, in particolare
quando Ruggero sarà nominato sottosegretario ai trasporti nel 1962, nel primo
governo di centro – sinistra presieduto da Amintore Fanfani. Dopo aver
trascorso gli anni del ginnasio e del liceo a Caltanissetta si trasferì a
Catania dove iniziò gli studi universitari, iscrivendosi alla facoltà di
ingegneria.
Qui avvengono le sue prime letture, in una
città, come ebbe a dire in un’intervista
molti anni dopo lo stesso L. – “molto vivace, dominata dall’ombra di tre
grandi personaggi: Verga, de Roberto, Capuana “
[2]
.
In quell’intervista L. ricordò di aver visto
Verga una volta di sfuggita in casa di amici e di avere frequentato a quel
tempo l’editore del Pascoli, che aveva pubblicato anche i primi due libri di
Adolfo Omodeo.
Sono anche gli anni in cui L. approfondisce
ed esaurisce la sua esperienza cattolica; s’immerge nel “trattato di filosofia
neotomista” di Messineo, si incuriosisce per
l’estetica di Croce, ma soprattutto si interessa al movimento cattolico
modernista, attento, in particolare, a ciò che accade in Francia.
Legge , infatti, il Manuel di
Alfred Loisy storico delle religioni scomunicato nel 1908 per i suoi
scritti polemici. Insomma giovanissimo il nostro si appassiona agli scritti ereticali e nel clima catanese delle prime lotte per
l’emancipazione contadina guidata dagli
uomini del nascente movimento di don Sturzo, comincia ad interessarsi di
politica.
La sua passione per la politica esplode a
Milano dove la madre decide di trasferirsi
C’erano personaggi singolari come il conte
Lucidi che editò pochi numeri di una rivista, “Cahier internationaux”, su cui
scrivevano Romain Rolland, Henri Barbusse, William Morris. Un luogo di ritrovo
degli studenti della sinistra era la sala dell’Associazione dei commercianti,
dove vennero a parlare Rolland e Barbusse[3].
A Milano comincia ad interessarsi di
economia percorrendo tutti i giorni i bollettini di borsa e iniziando a leggere
alla rinfusa un po’ di tutto, dai manuali più elementari a Keynes. Sono per lui
anni difficili: per sbarcare il lunario si dà da fare con qualche
lezione privata, abitando in stanze mobiliate non sempre riscaldate.
“Si andava alle lezioni del Politecnico anche perché ci si poteva
scaldare” ammetterà in seguito[4].
Il clima politico nella Milano del 1919 è surriscaldato: tra gli studenti del
Politecnico gli scontri sono spesso violenti ed in occasione della visita degli
studenti alle sistemazioni idrauliche del Po a Piacenza la delegazione milanese
di cui faceva parte L. , subisce un’aggressione da parte dei fascisti.
Con loro, infatti, vi era il leader degli
studenti socialisti Passerini che i fascisti erano riusciti ad espellere dal
consiglio comunale di Piacenza.
In questo periodo L. appare ancora
fortemente legato al movimento cattolico:
si iscrive al partito popolare, appena fondato da Don Sturzo ed entra subito in contatto con personaggi come Romano Cocchi, Enrico Tulli e Speranzini, portavoce nel PPI di un radicalismo contadino, che di lì a poco sarebbe stato definitivamente battuto [5].
Quando, infatti, la sinistra
del partito, guidata da Guido Miglioli, che proponeva l’esproprio delle
proprietà superiori ai 25 ettari sarà clamorosamente sconfitta al Congresso di
Napoli del 1920, L. parteciperà ad una piccola scissione di un gruppo che si
auto appellerà “Bandiera Bianca”
[6]
.
Nonostante l’uscita dal partito, L. continuerà a collaborare con Miglioli[7], e quando questi fonderà nel 1923 il settimanale “Il Giornale d’Italia” L. figurerà tra i principali collaboratori.
Negli
anni tra il ’21 e il ’23 L. è tra i più intransigenti oppositori del fascismo
nascente. Nel 1922 è nel gruppo di operai e di studenti che si oppongono alle
squadre fasciste della Lomellina calate a Milano durante lo sciopero ”
legalitario ” del 1 agosto
[8].
Banfi ricorderà come il giovane L. alto e
forte, ottimo tiratore di scherma, riuscisse a mettere in fuga, sotto i portici
di Piazza del Duomo un gruppo di fascisti che aveva cercato di aggredire
Filippo Turati che usciva di casa.
Frattanto continuerà gli studi e proprio
quando comincia a conoscere la dottrina marxsista attraverso la lettura del
“Manifesto” e del “Il Capitale” inizia e termina la breve collaborazione al
“Domani d’Italia” occupandosi di una
serie di articoli soprattutto di economia
[9].
‘E evidente l’influenza di Keynes e del
solidalismo cattolico in questi primi interventi di L. è possibile intravedere
i temi di una riflessione che lo porterà lontano:
la
spaventosa arretratezza delle campagne
italiane, il prevalere nel nostro apparato industriale di “criteri di
speculazione più che di produzione” – L. già denuncia i meccanismi di
protezione dell’industria italiana e il suo carattere parassitario.
-
le dure condizioni della classe operaia, la fame nel mondo e perfino –
per lui, un cattolico – quello che in “ Capitalismo nuovo?” chiama ”Il demone
Malthus”, il colossale problema demografico.
Lombardi arriva ad elaborare una non troppo
rudimentale strategia delle riforme: propone la riduzione dell’orario di lavoro,
prende ad esempio l’Inghilterra e la Germania laddove le ferrovie, i
trasporti e le industrie elettriche
erano state nazionalizzate o socializzate.
La
guerra per L. ha svelato” il fallimento del sistema capitalistico”
“nella sua filosofia, nella sua morale, nella sua compagine economica”
[10];
per questo auspica in Italia l’adozione di proposte come quella della
riduzione dell’orario lavorativo a 8
ore” contro la quale il capitalismo si prepara a sferrare la sua offensiva”
[11],
la proposta che rimarrà, ancora negli anni 70, un suo cavallo di battaglia.
Uno di questi scritti ha una bellissima
notazione religiosa: “dalla Germania tormentata, una voce profetica si è levata
ad indicare vie nuove in nome dei valori dello spirito, la voce di Walther Rathenau
(…) la speranza in un avvenire migliore non ci abbandona. Avrà il nostro secolo
il suo più grande San Bernardino? (…) Noi guardiamo all’orizzonte con lo
sguardo di uomini religiosi”.
Pur avendo accettato il principio della
lotta di classe ed essendo affascinato dal riformismo economico d’oltralpe L.
appare quanto mai legato alle sue convinzioni religiose ed alla formazione
cattolica .
In uno degli articoli in questione , “lo
stato tra industriali e agrari”, il
giovane Lombardi ancora legato alla sinistra cattolica , i cui rappresentanti,
nelle campagne lombarde avevano assistito alle brutali violenze delle
squadracce al servizio degli agrari, sente il bisogno di smascherare le
contraddizioni del governo fascista, del quale, nell’ultimo anno di democrazia
formale fanno parte anche alcuni esponenti di
L. denuncia l’ipocrisia di Mussolini che in
barba alle pompose e magniloquenti dichiarazioni di principio, avverse al “socialismo
di Stato” aveva salvato l’Ansaldo sotto la pressione della potentissima lobby
della famiglia Perrone e nel contempo aveva respinto la proposta della FIOM che
di fatto avrebbe nazionalizzato l’Ansaldo.
In realtà secondo lombardi, il fascismo in ascesa
già rilevava pienamente le sue tendenze interventistiche in economia[12].
In “Dottrina e realtà” l’ultimo articolo
pubblicato da L., sul domani d’Italia denuncia tutta la carica autoritaria
insita nel corporativismo sindacale e tenta di smascherare la “truffa della
rivoluzione nelle fabbriche che avrebbe secondo i fascisti, definitivamente
risolto il problema della conflittualità:”
“infatti i conti e le pretese innovazioni nel regime dei
rapporti tra capitale e lavoro, la pretesa rivoluzione operatasi
nell’organizzazione sindacale, si riducono ad una miserevole truccatura
superficiale che ha cambiato solo il nome e non l'essenza delle cose…”
Questi sono gli ultimi interventi scritti di
L. prima che la rigida morsa della dittatura fascista ponesse dei limiti seri
alla libertà di stampa e di espressione.
Dal quel momento in poi L. che nel frattempo
si era laureato in ingegneria industriale, si getta a capofitto nell’attività
politica, in seguito racconterà ad Emanuele Tortoreto: “ L’attivismo in quegli
anni era per me un assillo, ero disponibile a collaborare con l’uno o con
l’altro organismo antifascista, purchè non fosse dormiente ”
[13].
A partire dal 1923, anno in cui aderisce
alle formazioni milanesi degli arditi del popolo R. L. parteciperà ad una serie
di azioni in difesa delle organizzazioni operaie, entrando in contatto tramite
Cocchi e Tulli, due ex popolari, con giovani esponenti del Pcd’I
[14].
Profondamente impressionato dal rapimento e dall’uccisione nel giugno del’24 di
Matteotti, pensa verso il 15-17 giugno, con elementi decisi e coraggiosi tra i
quali C. Sforza, A. Marea, Cocchi e Tulli ad un colpo di mano per catturare e
far uccidere Mussolini. Il progetto fu però abbandonato, probabilmente perché
sconsigliato dagli elementi più moderati[15].
Negli anni successivi L. partecipa a tutta
una serie di manifestazioni contro il
fascismo: insieme ad un gruppo di
giovani arditi grida in faccia al re “Viva Matteotti”, durante una sua visita a
Milano, protegge i testimoni a favore del quotidiano ”Giustizia” durante il
processo subito per aver accusato il ras Farinacci di imboscamento, partecipa ad alcune azioni di
protesta e diffusione di volantini in
occasione della fucilazione dell’anarchico Della Maggiora, processato a Massa
Carrara con l’accusa di strage per aver ucciso un solo fascista e primo condannato a
morte del tribunale speciale[16].
Di lì a poco L. si avvicinerà al partito
comunista, anche sulla scorta della lettura di Marx, ma soprattutto perché
impressionato dalla efficienza nell’azione degli antifascisti comunisti. Il
nome di battaglia era ”lince” deformazione dell’originario ”l’ing” che stava
per “l’ingegnere” – nel frattempo L. era diventato un professionista
stimatissimo , e amava ricordare che in quegli anni nel suo ufficio ”mentre in
una stanza si stavano impacchettando i manifestini nell’altra c’era la guardia
di Finanza che controllava i registri delle tasse” – conosce e diventa amico di
Grieco, Li Causi
che era suo vicino di caseggiato, di Rivazzoli
e di Giuseppe di Vittorio che aiuterà
ad espatriare in Francia al momento delle leggi eccezionali ospitandolo
in casa sua, assieme alla madre, per otto giorni.
Del resto parte dei contatti e dei
preparativi per il progetto di evasione di Antonio Gramsci avvennero proprio in
casa di L.: nel maggio del 1928, infatti, Gramsci che era stato tradotto a
Milano da Ustica nel ’27, sarebbe stato trasferito dal carcere di San
Vittore al tribunale speciale ma il piano di evasione sfumò, soprattutto per il
suo rifiuto. L’uomo del PCD’I (PCI)
al quale però è maggiormente legato quel periodo è
Tuttavia , L. non aderì mai al P.C. ,
neppure negli anni in cui più si era avvicinato alle lotte clandestine del
partito – del resto aveva conosciuto anche antifascisti come Riccardo Bauer ed
Ernesto Rossi e si era adoperato anche per la rete di espatri clandestini
organizzati dal gruppo d’ ”Italia Libera”, che avrebbe poi dato vita a
“Giustizia e Libertà” – “la mia mancata adesione al PCI – dirà molti anni dopo
in un intervista – stava piuttosto nella mia abitudine ad accedere a diverse
fonti culturali a quel mio certo eclettismo che allora era un vero e proprio
sincretismo. Sapevo bene per cosa lottare”
[18].
L. è portato fin da allora a porre
l’obbiettivo, lo scopo e l’azione per raggiungerlo al primo posto, al di là dei
preconcetti e senza pregiudizi ideologici.
Proprio durante questa attività clandestina,
in stretto contatto con militanti e funzionari comunisti L. incontra la donna
della sua vita, Ena Viatto, una giovane funzionaria del partito proveniente da
Parigi[19].
Assieme a lei ed altri compagni organizza l’azione che lo porterà al brutale
arresto da parte dei fascisti: servendosi della tipografia di un carissimo
amico, vecchio socialista riformista, Brenno Cavallari, fece stampare dei
volantini per celebrare il 1° agosto del 1930 la giornata internazionale della
pace e li fece distribuire in città, usando il tubo di scappamento del taxi di
alcuni compagni. I fascisti milanesi stavano celebrando quel giorno
solennemente i funerali di un milite, tale Orazio Porcu, assassinato per una
faccenda di donne e poiché la distribuzione dei volantini avvenne anche in
quella occasione vollero dare un
significato politico all’intera faccenda volendo fare del Porcu un martire del
fascismo. In seguito ad una ”spiata”, L. viene individuato ed arrestato mentre
stava rincasando, di lì viene tradotto alla sede della federazione fascista in
via Belgioioso dove viene messo a confronto con uno dei taxisti, cui erano
stati consegnati i volantini, Lucchetti che massacrarono di botte per ore
continuava a negare. In quella occasione la brutalità dei fascisti fu inaudita:
fino alle quattro del mattino quando fu portato nel carcere di S.Vittore L. fu
riempito di botte, che gli causarono la rottura del polmone; da quel momento L.
non è stato più bene, l’emottisi provocata dalla bastonatura lo portò spesso
sul punto di morire e a lungo gli attacchi e le emorragie non gli diedero
tregua.
L’arresto di L. fu l’occasione per un vero e proprio conflitto tra l’OVRA e la federazione del fascio. Nella notte tra il 2 e il 3 agosto il titolo di testa del “Corriere della Sera”- Complotto antifascista scoperto a Milano, arrestati i responsabili – viene cambiato , con un intervento da Roma e il Ministro degli Interni avoca a sé tutta l’inchiesta preannunciando l’arrivo a Milano di funzionari romani della polizia segreta.
Quindici giorni dopo a S. Vittore, L. viene interrogato dal vicecapo dell’OVRA Petrilli: “Notai subito che non aveva intenzione di spingere a fondo l’interrogatorio” ricorderà L. “a casa mia avevano trovato inchiostro simpatico a strafottere, ma quasi non se ne faceva cenno nel verbale, Petrilli mi dava del lei in un momento in cui era quasi obbligatorio il voi ” [20].
Il Petrilli ricordò a L. che doveva essere grato a “quegli imbecilli” (i fascisti milanesi) che arrestandolo, avevano di fatto distrutto la rete che l’OVRA pazientemente stava ordendo attorno all’ingegnere, allo scopo di smascherare l’intera organizzazione antifascista a Milano. “Non si faccia comunque delle illusioni” aggiunse “ noi sappiamo aspettare ” [21].
In queste come in altre occasioni l’idiozia dei picchiatori del regime aveva fortunatamente favorito i suoi avversari. L. viene rilasciato 20 giorni più tardi e passa tre mesi a Sortenna, per curare i danni provocati dalla bastonatura. Tornato a Milano perde i contatti con i comunisti.
Nel partito è in atto la cosiddetta “svolta” : già nel settembre 1929 il cc ha chiesto formalmente agli organi dell’Internazionale la ratifica dell’espulsione di Tasca, che rifiuta la formula della “fascistizzazione della socialdemocrazia” e ribadisce la necessità di un fronte unico antifascista.
In quella occasione Togliatti affermò sprezzantemente “ noi non siamo una associazione di accademici in cui, dopo che ognuno ha fissato la propria tesi, ognuno va avanti come prima ” [22].
Evidentemente questo atteggiamento non poteva essere condiviso da L. ,ormai convinto che davanti alla stabilizzazione del regime fascista era necessario superare le tradizionali barriere ideologiche al di là della sterile distinzione tra “cultura operaia” e “cultura borghese”. Il rifiuto del dogma, l’assoluta convinzione della necessità di una maggiore apertura mentale per comprendere i fenomeni economici in atto in anni di profonde trasformazioni lo porteranno ad approdare sulla sponda giellista.
Per il momento sospetto ai comunisti per i rapporti con Tasca, malato e costretto a curarsi dovrà sospendere temporaneamente ogni attività politica – ben presto seguito dalla moglie – e riprenderà a tempo pieno l’attività di ingegnere.
“Nel frattempo continuavo ad occuparmi di
economia, anche se, come al solito, non in modo sistematico. Avevo già letto
Keynes; in quegli anni conobbi Shumpeter, seguivo – il giornale degli economisti – avevo seguito con
entusiasmo che oggi giudico eccessivo l’esperienza del New Deal e quella dei
primi piani quinquennali sovietici, ma nei confronti dell’URSS andavo maturando
un atteggiamento di tipo trotkista …”. La critica dello stalinismo, il fascino del
programma liberatorio di Giustizia e Libertà , il movimento fondato a Parigi
nel ’30 da Emilio Lussu e Carlo Rosselli -.
un
programma che prevedeva tra l’altro imponenti cambiamenti nelle fabbriche e
nelle campagne e una riforma della Stato con la garanzia di ampie autonomie regionali
e locali – portano L. ad un ravvicinamento all’attività antifascista.
Tuttavia questa ripresa delle iniziative
sarà ancora molto ridotta. Del resto in questi anni, l’ing. L. è un sorvegliato
speciale : i rapporti della prefettura si susseguono dal 1931, data del suo
arresto, al 1943
[23].
Gli ultimi rapporti non danno “luogo a rilievi” ma L. ”viene
vigilato non avendo finora dato sicure prove di ravvedimento politico”
[24]
: parole tanto più ridicole se si pensa che di lì a poco l’ing. ex galeotto
diverrà uno dei capi della resistenza del Nord Italia. Frattanto il regime
fascista pare consolidarsi.
Gli anni ’30 sono densi di avvenimenti:
l’ascesa al potere di Hitler in Germania, la disastrosa sconfitta del movimento
operaio in quel paese, la repressione staliniana in Unione Sovietica, la guerra
civile spagnola.
Proprio alla tragedia della guerra spagnola è legato uno dei grandi
rimorsi di R.L.:
“il rimorso di non avervi potuto prendere
parte, le mie condizioni fisiche erano penose, sputavo sangue ogni momento.
Ricordo di aver accompagnato Guido Picelli che mi raccomandò di non fare la
pazzia di venire in Spagna, dove sarei stato più di impaccio che di aiuto”
[25].
A quel tempo in Italia le organizzazioni politiche sembravano tutte disperse e
relativamente esigue. Gli anni dal ’32 al ’38 sono universalmente considerati
come quelli in cui il fascismo ha avuto certamente un’adesione di massa,
specialmente grazie a fattori internazionali : accordo con gli U.S.A. e
l’Inghilterra per la regolamentazione dei debiti, accordo con il Vaticano, la
stessa avventura etiopica che suscitò un certo interesse popolare.
In seguito L. racconterà di aver per la
prima volta considerato il Partito Fascista come” un partito reazionario di
massa: il primo esempio di moderno partito reazionario ”
[26].
L. è anche uno dei testimoni più attenti
alla polemica esplosa tra ”Giustizia e Libertà” e i comunisti, sul problema
dell’entrismo nelle organizzazioni fasciste – indicato, non senza difficoltà
interne, da parte del PC e non condiviso dagli altri partiti antifascisti – e
sull’appello che i comunisti lanciarono in occasione della campagna etiopica,
malvisto da tutti gli altri.
Molti anni più tardi L., in una dura
polemica con Giorgio Amendola, ricorderà l’episodio contestando il suo giudizio
in base al quale la posizione di GL era sbagliata, data l’esiguità della rete
organizzativa in Italia delle formazioni antifasciste: “Anche il numero di atti
di polizia testimonia che una certa rete organizzativa specialmente del PCI era
certamente meno esigua di quanto oggi si dica …[27]
”. Tuttavia ammetterà che il gruppo del quale faceva parte (GL) avendo iniziato
la sua azione più di recente e con gruppi più selezionati aveva soprattutto una
organizzazione di quadri, per giunta non diffusi in tutto il paese, almeno fino
all’innesto nel gruppo dei “liberalsocialisti” che aprirono una prospettiva
importante nel Centro e nel Mezzogiorno d’Italia.
In questa fase della lotta antifascista uno
dei motivi di polemica tra GL e i comunisti riguarda anche un attivismo
volontaristico esasperato di GL .
I comunisti accusano GL di essere un gruppo
“terrorista” avventurista e di individualisti che trascuravano il problema di
massa. L. sosterrà in proposito che in quelle critiche vi era una parte di
vero: “in quel momento si dava privilegio anche a quell’azione individuale
all’azione dei gruppi di avanguardia alle cosiddette azioni esemplari …” ma
ricorderà che “ è difficile in un periodo in cui tutti i partiti, sia quelli
già esistenti che quelli in formazione, cercavano, oltre che una loro identità
ideologica, anche un loro modo specifico d’azione, non pensare che le azioni
esemplari fossero anche strumentali al fine di caratterizzare le singole
organizzazioni ”
[28]
.
L’esperienza di questi anni sarà
fondamentale per la straordinaria avventura della resistenza, fatta in gran
parte di grandi azioni esemplari e gesti individuali. Un contributo eccezionale
sarà quello degli uomini del P d’A in gran parte provenienti proprio da GL.
Nel 1939, alla vigilia della nuova ecatombe
provocata dal nazifascismo, Arialdo
Banfi incontra R.L. nel suo ufficio a Milano, in corso Italia, dove si
occupa di pompe idrauliche cercando di mimetizzare la sua attività clandestina.
L. riprende febbrilmente i contatti con gli
antifascisti dandosi appuntamento con loro in questura. Qui avveniva la
diffusione della stampa clandestina [29].
Poco tempo dopo, dal balcone di palazzo
Venezia, Mussolini pronuncia la sua dichiarazione di guerra.
R. Lombardi sarà uno dei protagonisti di
quella stagione e della lotta straordinaria che l’aveva preceduta.
[1] Per queste notizie cfr. S. Colarizzi: L., in Il parlamento italiano, vol. XVIII. Milano, 1991, p. 331, R. Villetti: la lezione di Lombardi in “Mondoperaio”, 1984, n. 8-9 , p. 4; M. Mafai: L. Milano,1976, pp. 15-16.
[2] R. L. : Nel corso di una vita in “Mondoperaio”, novembre 1979, pp. 127-129.
[3] Ivi p. 127.
[4] Ibidem.
[5] Mafai L. , cit. , p. 16.
[6] Cfr. E. Tortoreto: La politica di Riccardo Lombardi dal 1944 al 1949. Ed. Movimento operaio e socialista, 1972, introduzione.
[7] Arialdo Banfi rievocherà nel 1938 la fortissima amicizia tra L. e Miglioli anche dopo la guerra, quando entrambi parlamentari li rivide spesso insieme a Montecitorio.
[8] Colarizzi : L. , cit.
[9] Cfr. art. in “Domani d’Italia”: Le conquiste sociali e la produzione, n. 4, 28 gennaio 1923; Capitalismo nuovo? n. 5, 4 febbraio ’23; Fiamme di guerra sull’orizzonte internazionale n. 6, il febbraio ’23; Lo Stato tra industriali e agrari n. 9, 4 marzo ’23, come fu risolto Inghilterra il problema della disoccupazione n. 10, 11marzo ’23; Dottrina e realtà, n. 13, 1 aprile ’23.
[10] Capitalismo nuovo? , cit.
[11] Le conquiste sociali e la produzione, cit.
[12] Viletti: art. cit. , p. 5.
[13] Tortoreto: op. cit. , introduzione.
[14] Mafai, op. cit. p. 18.
[15] R. De Felice: Mussolini il fascista, p. 635, Torino, 1966.
[16] Mafai, op. cit. , p. 19; Tortoreto: introd. ,cit.
[17] Nel corso di una vita, cit. , p. 128.
[18] Ibidem
[19] Scrive la Mafai nella sua Biografia di L: :” il loro incontro sembra uscire da uno spezzone del-sospetto- di Maselli, solo che si svolge a Milano anziché a Torino, ma è lo stesso grigiore delle strade, gli stessi tram, gli stessi appuntamenti furtivi. Ena aveva il suo numero di telefono e d allora è sua moglie.
[20] Int. cit. , p.128
[21] Mafai, op. cit. , p. 21.
[22] Cfr. P. Spriano: Storia del PCI: gli anni della clandestinità, Torino, 1969, p. 227
[23] Cfr. ACS Rapporto del Ministero dell’Interno, Dir. Gen. PS. Risposta della prefettura di Enna alla D. G. del 22.4.31. L’8 dicembre 1930 è documentato il rapporto tra un comunista foggiano e R.L. 27 giugno 1939. Il rapporto afferma : “ informo che R.L. abita in via Calamatta 28, serba buona condotta morale, non esplica attività politica né svolge propaganda contro il regime…continua la vigilanza “ .
[24] Rapporto del 9 feb.1940, luglio 1943.
[25] Int. cit. p. 128 e 129.
[26] Nove domande a R. L. : né rivoluzione compiuta, né rivoluzione tradita, intervista in Almanacco Socialista de “Il compagno”, 1976, p. 94.
[27] Ibidem, p. 93; per la polemica L. – Amendola, Avanti : 25 aprile – 25 maggio 1975.
[28] Ibidem, p. 93.
[29] Banfi,Intervento cit. , p. 363.