Discarica piena di Euro

Mi sembra interessante, a proposito di rifiuti, conoscere più dati ufficiali sulla vicenda, perchè il cittadino si faccia una idea, la più chiara possibile, sui reali e sconsolanti fatti avvenuti nella nostra Regione.

Enzo Rosario Magaldi


24 maggio 2007 L’.Espresso

RIFIUTI / I CONTI DEI COMMISSARI DI GOVERNO

DISCARICA PIENA DI EURO

In cinque regioni l’emergenza ha inghiottito 1.800 milioni. In Campania quasi la metà delle spese. Che per un quinto vanno in stipendi, uffici e telefoni

di Marco Ratti

A Serre i cittadini sono pronti alle barricate per impedire che l’immondizia del Salernitano finisca nella discarica di Valle della Masseria. Il sindaco Palmiro Cornetta guida la rivolta contro il decreto del governo: l’ennesima protesta popolare mentre la situazione in Campania continua a precipitare, trasformandosi da disastro ambientale in allarme sanitario. Con il caldo si moltiplicano i roghi di immondizia che disperdono diossina nell’aria e nei terreni Ma un’epidemia c’è già: è quella dei conti pubblici. Perché per tamponare il problema fino al 2005 si sono già spesi 856 milioni di euro nella sola Campania, senza che la normalità si sia avvicinata.

La Corte dei conti con una relazione monumentale ha cercato di capire come siano stati utilizzati i fondi gestiti dai commissari straordinari del governo in tredici anni di ordinaria emergenza. Risultato: per ripulire Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Lazio a fine 2005 se ne erano già andati 1.800 milioni di euro. Di questi, quasi 400 milioni ossia 800 miliardi di vecchie lire erano stati impiegati per pagare stipendi e uffici. Una montagna di soldi sommersa dalla spazzatura, senza che gli obiettivi siano stati neppure lontanamente sfiorati. Un esempio per tutti: la raccolta differenziata nel 2003 sarebbe dovuta essere il 35 per cento della produzione totale dei rifiuti urbani, ma a fine 2005 il dato nazionale era del 24,3. scendendo dal 38,1 del Nord al 19,4 del Centro e precipitando all’8,7 al Sud.

L’occhio del ciclone è in Campania, dove sono stati bruciati più di 850 milioni fino al 2005. Dal ‘94 a oggi, ai vertici della struttura si sono alternati il prefetto Guido Improta, i governatori Antonio Rastrelli, Andrea Losco, Antonio Bassolino, un altro prefetto, Corrado Catenacci, e dallo scorso ottobre il capo del dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso. Insomma, uomini di destra e di sinistra, grand commis e superprefetti ma al termine di ogni ‘reggenza” l’esito finora è stato sempre lo stesso: nuova proroga dello stato di emergenza perché il problema non era stato risolto. Anzi, secondo la Corte la situazione si è aggravata negli anni: il mancato coinvolgimento delle amministrazioni locali ha portato con sé una valanga di ricorsi che ha paralizzato l’attività dei commissari. E le procedure poco trasparenti per l’affidamento degli appalti hanno espostole stesse società pubbliche al rischi di infiltrazioni camorristiche.

Eppure, chi lavora per l’emergenza non si è fatto mancare proprio nulla. Nel 2005 la struttura commissariale era composta da 101 persone, anche se a fine 2006 un’ordinanza della presidenza del Consiglio ha fissato il tetto massimo a 70 dipendenti. I magistrati contabili fanno notare che «nel corso degli anni si è prodotto un aumento rilevantissimo delle indennità e dei compensi ai commissari, vicecommissari e subcommissari », arrivando a superare i 10 mila euro mensili. Inoltre, la mancanza di controlli interni ha consentito gravi irregolarità. Con i telefoni pagati dal commissario, i dipendenti si sono concessi qualche lusso di troppo: tra il ‘99 e il 2003 le chiamate, escluse le ricariche, hanno inghiottito 724.680 euro, «e non sono poche quelle internazionali o verso i numeri speciali». E non è tutto. Secondo un documento dell’Ispettorato generale della Ragioneria dello Stato, «il commissario ha proceduto al rimborso delle spese sostenute dal subcommissano per raggiungere la sede di servizio (Napoli), senza tener conto che il compenso corrisposto era onnicomprensivo» e quei soldi, quindi, non gli erano dovuti. Il tutto, per un totale di 35 mila euro di biglietti aerei e spese pasti per oltre 7 mila. E nell’attribuzione di incarichi esterni, tornando alla relazione della Corte, «si è riscontrata la totale assenza di pubblicità, concorrenza e trasparenza».

C’è poi uno spreco nello spreco: quello dei fannulloni di Stato, spesso obbligati a essere tali da un meccanismo nato per non funzionare. Parlando dei lavoratori che dovrebbero «coadiuvare nella raccolta differenziata», nel luglio 2004 il commissario affermava: «Se di questi 2.316 duecento lavorano. è un miracolo. Gli altri non fanno niente e me lo contestano». Secondo la Corte, quindi, «al cittadino è stata chiesta una maggiorazione della tariffa per lo sviluppo della raccolta differenziata, che è invece stata utilizzata a fini assistenziali, con un costo di circa 65 milioni di euro all’anno»’. In pratica, invece di separare plastica, carta e altre sostanze riciclabili, trasformando le scorie in risorsa e abbattendo l’incidenza di sostanze inquinanti nelle discariche. con quei fondi si sono alimentate clientele e finanziati posti inutili. Tanto che, scrivono i giudici, molte assunzioni sarebbero illegittime.

E non si tratta di peccati di gioventù o di una macchina da rodare. No, scorrendo le 182 pagine del rapporto, si scopre che il tarlo che ha impedito al sistema di funzionare sta nelle fondamenta, visto che mancano ancora le strutture operative indispensabili allo sviluppo del ciclo integrato dei rifiuti. In particolare, gli ambiti territoriali ottimali, che avrebbero dovuto essere la sede per le scelte amministrative, stentano a decollare. E dei 18 consorzi di bacino, di cui fanno parte tutti i comuni campani, cinque sono stati commissariati in quanto inadempienti. Anche qui con un carico di nullafacenti da mantenere. In un’audizione al Senato del 14 febbraio di rappresentanti dei consorzi, si legge: «La situazione che ho trovato al mio arrivo era quella di un consorzio che non svolgeva alcuna attività da 16-18 mesi e quindi abbiamo 256 persone che non hanno nulla da fare».

Ma i problemi sono anche di altro genere. I bandi di gara per l’affidamento della progettazione esecutiva, costruzione e gestione degli impianti di preparazione di combustibile derivato dai rifiuti (cdr) e di due termovalorizzatori hanno previsto la procedura ristretta. Un’impostazione che ha avuto molte pecche. Innanzitutto, «fu attribuita scarsa rilevanza alla qualità tecnica dell’impiantistica proposta». In altre parole, non hanno potuto vincere le soluzioni più efficienti, ma quelle più competitive quanto a prezzi e tempistica. Alle imprese, tra le altre cose, è stato dato il diritto di scegliere dove realizzare gli impianti. Un modus operandi che, secondo una relazione sulla Campania alla commissione parlamentare d’inchiesta del gennaio 2006, «avrebbe reso possibili situazioni speculative, che dovevano essere evitate anche perché avrebbero costituito la vera fragilità del sistema, rendendolo facile preda delle infiltrazioni della criminalità». A tutto questo si aggiunga che «il combustibile cdr prodotto non è risultato a norma», tanto che in alcuni casi la magistratura penale ha formulato le ipotesi di truffa e frode in pubbliche forniture e molto di questo combustibile, a causa della sua scarsa qualità, non potrà essere bruciato nei termovalorizzatori. Alla fine i contratti sono stati sciolti all’inizio del 2006, «in un momento in cui anche l’affidataria (che continua a gestire provvisoriamente il ciclo dei rifiuti, ndr) aveva manifestato interesse alla risoluzione del contratto».

La conclusione dei giudici è drammatica: le soluzioni sono state varate solo quando diventavano un affare d’oro per le aziende. La Corre scrive: «Si ricava l’impressione che solo nel momento della coincidenza degli interessi pubblici con quelli privati, e assecondando sostanzialmente questi ultimi. la parte pubblica si sia attivata per porre fine a una situazione sempre più insostenibile». Nell’attesa di uscire dall’emergenza, i camion della nettezza urbana macinano più soldi che immondizia. Quando poi a pesare sui conti non sono i biglietti dei treni: 60 milioni di euro sono stati spesi per i convogli ferroviari che hanno portato i rifiuti in Germania. E questo solo per il periodo compreso fino a marzo 2004: denaro finito letteralmente nella spazzatura.

Telefoni bollenti

1,8 miliardi di euro

E’ la spesa complessiva per l’emergenza rifiuti nelle cinque regioni commissariate fino a tutto il 2005.

Il commissariamento in Campania e Puglia cominciò nel 1994; in Calabria nel 1999; in Sicilia e Lazio nel 1999.

855.985.279 euro

E’ la spesa nella sola Campania per l’emergenza rifiuti dal 1994 alla fine deI 2005. Una stima sostiene che a oggi la somma sia arrivata a un miliardo di euro. Trasporto e smaltimento dei rifiuti all’estero fino al 2004 sono costati 67 milioni di euro.

282.129.870 euro

Sono le spese per far funzionare la struttura del commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania. Comprendono gli stipendi, le indennità, gli affitti delle sedi e tutto ciò che non riguarda gli interventi diretti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti

724.680 euro

La bolletta del telefono delle strutture del commissariato per l’emergenza ha costi mostruosi. I giudici della Corte dei conti hanno evidenziato un numero elevato di chiamate all’estero e a numeri speciali.

37.848.287 euro

Sono le spese per stipendi e indennità del personale impegnato in Campania nelle strutture del commissariato per l’emergenza rifiuti. Comprendono indennità a commissario, dirigenti, prefetti, subcommissari, personale amministrativo, commissioni, comitato di rientro e vigilanza

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