Federalismo e questione meridionale

Federalismo e questione meridionale

 

Nel momento in cui il parlamento si appresta  a varare il cosiddetto federalismo  fiscale (per altro espressamente previsto dalla nostra Costituzione all’art.119) sull’onda lunga del successo elettorale della lega alle legislative dell’anno scorso,occorre una seria riflessione sull’atteggiamento tradizionale della cultura di sinistra ,nel nostro paese, sull’argomento.

Fu il socialista Gaetano Salvemini  ad accettare per primo in blocco il pensiero di Cattaneo e a  farne l’essenza del proprio meridionalismo.Il federalismo,per Salvemini doveva essere.il primo strumento per rimediare ai gravissimi problemi del mezzogiorno; a chi gli chiedeva quale fosse la ragione prima del malgoverno comunale di Napoli egli prontamente spiegava che il rimedio stava solo in un ordinamento federale che avrebbe fatto rinascere la città  perchè avrebbe eliminato la causa fondamentale della corruzione: l’accentramento amministrativo municipale .
Un maggiore controllo dei pubblici amministratori sarebbe stato possibile soltanto attraverso il federalismo.Opponendo allo Stato burocratico e centralizzato uno Stato federale Salvemini argomentava che Lo Stato centralizzato  dissanguava le finanze meridionali a favore del Nord e solo uno Stato il cui sistema finanziario sia basato sul principio che ognuno amministra i propri quattrini avrebbe portato alla risoluzione definitiva della  questione meridionale ;occorreva che il PSI di allora adottasse la causa federalista poichè il proletariato meridionale aveva bisogno dell’ordinamento federale per impedire il drenaggio di capitali da sud a nord e per maturare politicamente ,liquidando in questa maniera le forze reazionarie largamente prevalenti nel mezzogiorno inizio 900, dominato dagli agrari.Molti anni pi ù tardi Massimo Salvadori avrebbe osservato che il federalismo di Salvemini(la sua posizione rimase sostanzialmente isolata nel suo partito).Fu  un’arma spuntata una volta che la si esamini nel suo momento costruttivo .  Il Salvemini basava le sue credenze federalistiche sul presupposto che l’ordinamento federale avrebbe potuto far passare in  un brevissimo periodo di tempo il proletariato da uno stato di passività  ad una coscienza,ad una   combattività  eccezionali,il che avrebbe rapidamente cambiato il volto della società  meridionale,portandola a quella maturità ,che sola può essere la base di un ordinamento federalistico .Il federalismo,osservava Salvadori agli inizi degli anni 60  può essere solo la conclusione politica di una società  su un piano economico;l’errore pi ù profondo,in questo caso,commesso  consistette nell’aver creduto il federalismo causa di una evoluta vita sociale,mentre ne è l’effetto,così come  dimostrano Stati Uniti e la Svizzera .Questo è il motivo per cui sia Salvemini che la sinistra di allora abbandonarono a lungo questo tema:Il Sud non era ancora pronto nè la borghesia del Nord sembrava disposta a fare concessioni.L’obiettivo di un partito  unitario  che in qualche modo si facesse portavoce delle istanze sia del sud contadino e  arretrato  che del Nord  operaio  ed evoluto comportarono a lungo nell’ambito della sinistra sia riformista che massimalista l’abbandono di queste tematiche.Unica eccezione nel primo dopoguerra il meridionalismo  liberale  di Guido Dorso: non tanto il federalismo quanto  autonomismo possono essere un valido strumento di riscatto del mezzogiorno.Nel secondo dopoguerra Dorso aderirà al partito d’azione dei Lussu e dei Lombardi perchè solo un partito nazionale che non asservisse i fini particolaristici delle regioni pi ù forti,a suo avviso,avrebbe favorito l’autonomia del mezzogiorno e la risoluzione della questione meridionale.Il partito d’azione un partito liberale di sinistra che coniugava la battaglia per la realizzazione degli  Stati uniti D’Europa  alla lotta per un ordinamento autonomista e federalista dello Stato italiano(basti pensare alla polemica contro l’istituzione prefettizia,un residuo  bonapartista della repubblica democratica italiana) implose subito dopo la guerra;da quel momento la sinistra nel suo complesso si impegnò per l’attuazione dell’ordinamento regionale ma abbandonò ogni pulsione verso il federalismo politico e fiscale.Come è ben noto la questione si è posta molti anni pi ù tardi non più come strumento per risolvere i ben noti squilibri tra le varie aree del paese ma per salvaguardare gli interessi di un Nord ormai all’avanguardia nel quadro dell’Unione europea: è curioso che proprio la sinistra,uscita vittoriosa dalle elzioni regionali del 1975 propose la trasformazione in senso federalistico dello Satto italiano.L’allora presidente della religione Emilia Romagna.il comunista Guido Fanti propose un’alleanza fra le regioni della Valle padana perchè i finanziamenti europei andassero direttamente alle regioni senza passare per la Cassa per il mezzogiorno:nacque così,per la prima volta un’idea di  padania ;non a caso il meridionalista Campagna parlò di 2erosione2 dell’unità  d’Italia .I n un articolo pubblicato dal Corriere alla fine del ’75 il Costituzionalista Gianfranco Miglio invitò anche le regioni meridionali a raggrupparsi stabilmente per definire prima ,e poi gestire,in modo finalmente davvero autonomo,le scelte relative al tipo di avvenire verso cui tendere.Da allora ed in particolare negli anni 90come è noto il federalismo è stato il principale cavallo di battaglia della lega Nord anche se si parte dalla modifica del titolo V della costituzione,attuata dal governo di centro sinistra per realizzare il federalismo fiscale che punta in sostanza ad una razionalizzazione della spesa pubblica nelle regioni meno efficienti e ad una ottimizzazione della stessa in quelle pi ù ricche ed evolute.Non è ancora chiaro a pochi giorni dal varo della legge delega quale sarà  il destino di questa riforma:non si conosce il contenuto dei decreti attuativi del governo nè i costi effettivi del federalismo fiscale;il governo Berlusconi cerca di rimandarne l’approvazione soprattutto a causa della crisi economica pi ù preoccupante dal secondo dopo guerra da oggi che richiede una serie di misure straordinarie e costose per il bilancio italiano;non è ancora chiaro quale sarà  il destino delle regioni più povere del nostro paese se e come i meccanismi perequativi volti a compensare il minore gettito previsti dalla riforma basteranno a dar funzionare gli apparati burocratici,notoriamente inefficienti di regioni come la nostra..ma è paradossale che il federalismo fiscale o meglio l’idea di una riforma in senso federalistico della fiscalità  generale sia nata proprio a sinistra e nell’ambito del pensiero meridionalista.Oggi probabilmente il Sud è un peso per le regioni del Nord Italia che rappresentano il cuore pulsante del sistema economico italiano:allora il federalismo poteva apparire come l’unica strada per rimediare al sostanziale fallimento della 2 rivoluzione risorgimentale  e al continuo  drenaggio attraverso al politica fiscale dello Stato burocratico e centralizzato di capitali e risorse dal sud al Nord . Ancora una volta dall’Unità  d’Italia gli interessi del Sud saranno sacrificati a quelli del nord industriale:non è un’occasione di riflessione per una sinistra realmente liberale e federalista?

Claudio Bolognino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *