Gran Varietà Brachetti
Una brillante recensione per un grande ed insuperabile artista. Enzo Rosario Magaldi
NAPOLI. Ancora una volta il palcoscenico si riempie di magia con il muovo spettacolo ideato, scritto e diretto da Arturo Brachetti. Uno spettacolo a tutto tondo dove la fantasia, come un mare, sommerge la realtà . Perché, secondo l’autore, “è meglio un paradiso di cartapesta che un inferno veroâ€. “Gran Varietà Brachetti†induce a sognare, ad abbandonarsi nuotando in questo mare fatto…
di gioco, trucchi, colori, musiche, sorprese, in una realtà onirica che quasi travolge lo spettatore portandolo in un mondo incantato, spingendolo a ritrovare quella particolare immaginazione che è propria dell’infanzia; sopita, dimenticata, talvolta sepolta sotto la polvere del tempo.
Siamo in un vecchio teatro di Varietà . Un gruppo di turisti va a visitarlo, accompagnato da Arturo,  la loro guida e fil rouge di tutto lo spettacolo. Ma la compagnia viene fatta prigioniera da un ipotetico fantasma del palcoscenico che li libererà solo ad una condizione: organizzare per lui uno spettacolo. Questo lo spunto per far sì che ognuno, secondo le proprie possibilità , liberi i propri sogni. Costretti a recitare, sulle prime non è facile. Ma pian piano, dopo vani tentativi, la bizzarra compagnia comincia ad entusiasmarsi e ad improvvisare uno show. Avvolte dalle musiche ironiche di Germano Mazzocchetti, queste persone “normali†cominciano ad osare, a giocare, immaginandosi artisti provetti. Dopo esibizioni banali o patetiche come quella del comicissimo Otto Wessely (il gran mago del kaiser!) che incarna il mago imbranato, lo spettacolo comincia a decollare: con l’aiuto di vecchia attrezzeria abbandonata si comincia a mettere in scena desideri sopiti, o impossibili, come quello di volare per la robusta signora o ballare il tip-tap; librarsi in un cielo stellato per l’uomo-elefante o scoprire, come capita alla signorina Vera, la più scettica e razionale, che è la realtà immaginata quella che ci rende più felici. E’ nel secondo atto che il teatro comincia a rivivere in un inno alla tradizione del Varietà e del Music-hall, in un’esplosione quasi schiacciante di colori, acrobazie e virtuosismi. Notevole “la trapezista dei sogni†(Viola Ferraris) che coi suoi voli travalica lo spazio scenico sconfinando in platea; sorprendente ed applaudito a più riprese il “Duo Vigor†in un numero che sembra annullare ogni forza di gravità . Fantastico il corpo di ballo che si esibisce a più riprese: dal Tip-tap, al Rap, al Can can infernale. Molta ammirazione per l’uomopardo (il francese Johan Bichot) dalle sorprendenti movenze feline.
E Arturo, a differenza dei suoi precedenti spettacoli che lo hanno visto, pur coi suoi mille volti, protagonista assoluto, è qui ad esibirsi al pari degli artisti che lui stesso mette in scena, dividendo ammirazione ed applausi, ammaliato insieme al pubblico dalla loro altrettanta bravura. Nel primo atto, con un nome di fantasia, “Arthur Braguette†si esibisce ne “La bottega delle meraviglieâ€, cambiando personaggi e volti con pochi semplici mezzi. Nel secondo tempo si scatena alla sua maniera con un ipertrasformismo che chiama “Madama Butterflash†ed è poi inimitabile nel mimare, senza cambiare d’abito, una ventina di personaggi. Lo spettacolo, pur essendo meno incentrato sul suo personaggio, cosa, questa, che delude qualcuno, è un ennesimo successo che riconferma Brachetti quale maestro indiscusso.
Gabriella d’Ambrosio