L’ Italia all’avanguardia nel campo delle piattaforme tecnologiche,riprendiamo con piacere ai fini divulgativi articolo pubblicato su Milano Finanza”Nuovo round da 3-5 mln euro in arrivo per Datrix. Mentre anche il private capital scopre che l’analisi dei big data funziona Datrix, la piattaforma di intelligenza artificiale dedicata all’analisi dei big data a fini di analisi finanziaria nata a fine 2018 dall’integrazione tra Finscience e 3rd Place, si prepara alla prossima fase di sviluppo, che prevede un nuovo round di investimento dell’ordine di 3-5 milioni di euro.”

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“Lo ha detto a BeBeez il ceo di Datrix, Fabrizio Milano D’Aragona, precisando che sino a oggi le due società sono cresciute grazie al supporto finanziario dei fondatori e dei cosiddetti family&friends, che in questo caso, però, includono molti addetti ai lavori  del mondo della finanza. Il tutto per un totale di due milioni di euro.

Quei capitali hanno già dato i loro frutti. Datrix ha infatti già chiuso il 2018 con 4 milioni di euro di ricavi, ma presto raddoppierà, perché sta già trattando l’acquisizione di due ulteriori società, una per il 100% del capitale e l’altra per il 51-55%. Si tratterà di acquisizioni con valenza strategica, che permetteranno alla società di scalare in maniera importante l’attività, Lo scorso 2 maggio, intanto, è entrato nel team di FinScience con il ruolo di principal Angelo Ovidi, che sarà il punto di riferimento del team di ricerca&sviluppo e delle soluzioni software di alternative data. Ovidi è stato sinora a capo delle operations di WebRoot, azienda di cybersecurity statunitense con approccio AI, che è stata acquistata lo scorso marzo per 618,5 milioni di dollari da Carbonite, società quotata sul Nasdaq..

Finscience è stata fondata nel 2017 da quattro manager di cui tre provenienti da Google Italia e cioé: Fabrizio Milano D’Aragona,  che ha lavorato per sette anni a Google Italia, dove ha ricoperto il ruolo di responsabile del settore retail, fashion e local;  Mauro Arte, che nella sede italiana di Google si è occupato del settore media & entertainment, sino a diventare capo della divisione You Tube Italia.; Claudio Zamboni, che in Google Italia è stato industry leader per i settori telco ed entertainment; e da Alessandro Arrigo,  con esperienza decennale nel digital consulting. Questi stessi manager sono gli stessi che nel 2010 avevano fondato 3rdPlace, pmi innovativa che offre soluzioni e servizi nell’ambito dell’intelligence applicata ai dati digitali.

L’integrazione tra FinScience e 3rdPlace, che ha visto i  fondatori e soci vendere le rispettive quote e reinvestire in Datrix, ha seguito un secondo round di FinScience da 700 mila euro più un finanziamento da 300 mila euro erogato da Mcc (si veda altro articolo di BeBeez) sottoscritto dagli stessi investitori del primo round da un milione di euro del novembre 2017, al quale avevano partecipato investitori privati provenienti soprattutto dal settore finanziario. In particolare:  Giuseppe Galimberti, ex manager in JPMorgan, Morgan Stanley, Deutsche Bank e UBS; Ugo Pastori, managing partner della società di consulenza svizzera Weisstor ed ex ceo del fondo hedge Thalia; Massimo Prelz Oltramonti, nel programma di venture capital di Olivetti dal 1981 ed ex managing director di Advent International, oggi partner di DN Capital; Marco Belmondo, già in Epic sim, con un passato anche in Rbs e Unicredit; Guido Ferrarini, a sua volta cofondatore di Epic sim, oltre che docente di diritto commerciale all’Università di Genova:  Nicola Colla Fabio Nalucci co-fondatori della piattaforma di innovazione bolognese Gellify (si veda altro articolo di BeBeez). In ogni caso, a oggi, il controllo di Datrix è ancora saldamente nelle mani dei fondatori, a cui fa capo l’80% del capitale.

Il round successivo servirà a sviluppare ulteriormente la piattaforma tecnologica di FinScience di analisi dei dati, che si rivolge principalmente al mondo dell’asset management e a tutti i soggetti interessati a monitorare le informazioni che possono avere effetti sui prezzi dei titoli delle società quotate, ma allo stesso modo anche sulle valutazioni delle società non quotate. Finscience ha infatti sviluppato modelli di analisi dei  big data, creando indicatori di sintesi digitali a fini di analisi finanziaria, derivati dai dati reperibili su social network, blog, piattaforme di ecommerce e app di geolocalizzazione, che possono essere poi combinati con dati derivati dall’analisi di banche dati più tradizionali e anche dei semplici bilanci. Un tipo di analisi che si rivela particolarmente potente in relazione ad aziende non quotate.

Tanto che uno studio condotto su un campione casuale di 200 mila bilanci di aziende italiane, ma rappresentativo di varie categorie dimensionali e aree geografiche, ha portato a creare un modello di scoring del rischio di credito che si è rivelato affidanbile nel 93% dei casi. In particolare, il nuovo modello è stata l’evoluzione di un modello di scoring sviluppato in 12 anni da Innolva (gruppo Tinexta) sulla base dell’analisi di 15 diverse variabili finanziarie aziendali. Quel modello era arrivato a essere affidabile all’80%. In soli tre mesi, aggiungendo l’analisi di altre 1400 variabili, molte delle quali sono state aggiunte dalla macchina di propria iniziativa, il modello di scoring ha aumentato la sua affidabilità al 93%. In questo modo il modello ha individuato 706 aziende non meritevoli di credito che il vecchio modello non aveva evidenziato, ma soprattutto ha individuato ben 17.388 aziende meritevoli di credito, che invece in base al vecchio modello non venivano considerate meritevoli. E’ evidente che questo tipo di analisi è oro per gli investitori di private capital.

Schermata 2019-05-07 alle 20.32.43Non a caso nei Paesi anglosassoni  gli operatori di private equity si stanno via via affidando a strumenti di intelligenza artificiale come supporto ai processi di due diligence e di monitoraggio delle aziende in portafoglio. Un recente studio di Alternativedata.org soltanto poco più di un operatore di private equity su quattro utilizza oggi dati alternativi per le proprie valutazioni, ma dice anche che c’è un altro quarto degli operatori che dichiara che in futuro si affiderà ai dati alternativi. Oggi sono soprattutto gli operatori più grandi che già utilizzano questo tipo di analisi e lo fanno soprattutto per individuare grandi trend, quindi quali settori e mercati sono più promettenti per immaginare quando sarà il momento migliore per investire o disinvestire. Ma il fatto che i loro “cugini” hedge fund e i fondi di investimento prevedano di investire in servizi di analisi di big data almeno un miliardo di dollari quest’anno sta a indicare che i risultati tangibili sui portafogli ci sono e che presto sempre più investitori di private capital introdurranno l’analisi dei big data nelle loro routine di due diligence e monitoraggio di portafoglio.”