Riportiamo integralmente l’articolo pubblicato sul numero di Giugno 2020 di Mondoperaio.La fase 2.”L’impatto di COVID-19 può essere ridotto attraverso un forte ed esteso sforzo di sanità pubblica “

 

   

         Giuseppe Nasti

   Enzo Rosario Magaldi

 Bo Jo,  55 anni, premier britannico, riconosce che all’inizio della pandemia ha sottovalutato la gravità dell’infezione, anche quando il tampone è risultato positivo al coronavirus, alla fine di marzo.

Poi, aggiunge visibilmente commosso, con un fil di voce e con le lacrime agli occhi (1) :

«Hanno cominciato a chiedersi come avrebbero comunicato il mio decesso alla nazione. È stata dura, non lo nego». Nella prima e, fino ad ora, unica intervista sulla malattia: «Avevano una strategia per affrontare uno scenario del tipo morte di Stalin», ha ammesso con un riferimento a come gestire da un punto di vista mediatico la notizia di un suo possibile decesso. 

Questa drammatica testimonianza del Premier britannico ci fa capire che la responsabilità dei governi, purtroppo dovuta ad una sottovalutazione del rischio e della sua pericolosità, non ha fatto altro che contribuire agli esiti nefasti per molte vite umane perdute e per le innumerevoli sofferenze fisiche e psichiche patite dai malati e dai loro congiunti ed amici più cari, ma in generale, da tutta la popolazione, che non si è sentita tutelata dal rischio di contagio da parte delle autorità.

Come afferma L. Ricolfi (2):“In Italia l’opinione pubblica è estremamente mansueta, e il governo ha sempre respinto ogni responsabilità […]. Tuttavia, grazie alle inchieste giornalistiche e agli studi scientifici, alcune verità stanno venendo a galla. “

Un primo studio, condotto da Nancy Binkin, Federica Michieletto, Stefania Salmaso, Francesca Russo e pubblicato  il 18/04/2020, mette a confronto l’andamento epidemico di due Regioni: Lombardia e  Veneto, arrivando alle seguenti conclusioni : “I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti intorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un’epidemia richiede un cambiamento di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità”. Le autrici arrivano ad affermare che : “La maggiore integrazione dei servizi sanitari e ospedalieri del Veneto a livello locale e la presenza di una forte infrastruttura sanitaria pubblica hanno favorito l’implementazione di un iniziale approccio comunitario, che si basava su solidi principi epidemiologici: test a tappeto, tracciamento dei contatti e limitazione del contatto con le strutture sanitarie, ove possibile attraverso team diagnostici mobili e un attento monitoraggio a domicilio. Il tutto facilitato da una rapida comunicazione attraverso un sistema informatico che collegava il laboratorio, i medici di base e le unità sanitarie pubbliche locali.”

Continuano nelle conclusioni  : “Le nostre osservazioni suggeriscono, tuttavia, che l’impatto di COVID-19 può essere ridotto attraverso un forte ed esteso sforzo di sanità pubblica per confermare e isolare i casi e i contatti in modo tempestivo e per ridurre al minimo i contatti non necessari tra gli operatori sanitari e le persone contagiate attraverso test e un follow-up proattivo realizzati a domicilio. La descrizione dell’inizio dell’ondata epidemica e dei fattori associati alle sue dimensioni e dinamiche è importante per l’organizzazione delle capacità di sorveglianza e controllo nella fase in cui l’isolamento generalizzato, introdotto in Italia dal 12 marzo, verrà allentato. Imparare rapidamente dall’esperienza recente sarà cruciale.”

A queste medesime conclusioni è giunta la Cabina di Regia ( Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Rappresentanti delegati delle Regioni) che ai sensi del DM Salute 30 aprile 2020  ha prodotto Il primo Report sul  Monitoraggio degli indicatori per valutare la conduzione della Fase 2  (4):

– Le misure di lock-down in Italia hanno effettivamente permesso un controllo dell’infezione da COVID-19 sul territorio nazionale pur in un contesto di persistente trasmissione diffusa del virus con incidenza molto diversa nelle 21 Regioni/PPAA. 

– Permangono segnali di trasmissione con focolai nuovi segnalati che descrivono una situazione epidemiologicamente fluida in molte regioni italiane. Questo richiede il rispetto rigoroso delle misure necessarie a ridurre il rischio di trasmissione quali l’igiene individuale e il distanziamento fisico. 

– È necessario un rapido rafforzamento dei servizi territoriali per la prevenzione e la risposta a COVID-19 per fronteggiare eventuali recrudescenze epidemiche durante la fase di transizione.

Come afferma il Prof. F.Palumbo 

dopo una seria disanima dei ritardi e dei rimpalli di responsabilità tra governo centrale ed amministrazioni regionali  e per evitare lo stesso nella fase due della epidemia invita  a non ripetere gli errori e ad utilizzare tutte le forze disponibili : “ al metodo della collaborazione/concertazione tra livello nazionale e livello regionale consentirà …. di gestire le difficoltà applicative e di integrare i parametri indicati nel DL con ulteriori parametri e indicatori in grado di ottimizzare l’impiego delle risorse finanziarie, umane e strumentali che il Governo ha messo a disposizione delle Regioni per il Servizio Sanitario Nazionale. 

Non è una forzatura sostenere che fallimenti o ritardi nel controllo della pandemia possono vanificare l’epocale impegno che il Paese sta mettendo in campo non solo sul versante sanitario ma anche su quello economico sociale per superare questa che è tra le più gravi crisi della nostra storia.”

 Come riporta il già citato Ricolfi: “Aver avviato la Fase 2 senza aver costruito le sue precondizioni fondamentali (mascherine, tamponi, tracciamento, indagine nazionale sulla diffusione) è stato certamente un errore, che ci sta già costando caro. Lo ha rilevato con preoccupazione il prof. Massimo Galli (ospedale Sacco di Milano) che, intervistato pochi giorni fa da Selvaggia Lucarelli, ha sconsolatamente osservato: “Possiamo solo affidarci a Santa Mascherina (…) Non è mai stato fatto un esperimento analogo nel mondo. E’ la prima volta che si tenta di arginare un’epidemia dicendo: esci con la mascherina e osserva il distanziamento. Io le dico che non esiste un lavoro scientifico che provi l’efficacia di questa strada”. Ci sembrano giuste le osservazioni del Prof. Galli che pur all’inizio aveva sottovalutato come molti altri la pericolosità del contagio e della mortalità e delle invalidità che ha comportato il CoviD 19.

Perché, in un piano urgente e serio di sanità pubblica, non si fanno lavorare i laboratori di ricerca pubblici e  privati o delle fondazioni ed Università che hanno le attrezzature ed apparecchi adatti nonché il personale esperto inseriti per fare più tamponi specie nella prospettiva di una fase due nella quale bisognerà essere più rapidi nell’individuare i portatori ed isolarli insieme ai loro contatti invece di spendere una immane quantità di soldi pubblici e privati per valutare i test rapidi sierologici che nulla ci dicono sui portatori infetti e quando ancora non si sa che tipo di immunità e che durata hanno gli anticorpi.

Un articolo interessante, che ridicolizza anche gli eccessi di normazione edi misure eccessivamente estese ad ogni ambito è quello del dott. D.Greco, che arriva a definire tali esagerazioni comiche igienistiche e grida manzoniane ed io direi anche ansiogene, tali da suscitare panico:

“Bene le mascherine, la distanza, il lavaggio delle mani, ma che ce ne facciamo dei disinfettanti, delle sanificazioni a tutto spiano? Riusciamo a distinguere l’ambiente sanitario, l’ospedale, dalla nostra casa, dal luogo di lavoro, dai parchi giochi dei bambini? Le regole necessarie non sono le stesse . Da tempo sappiamo che la nostra sicurezza non dipende dall’odore di alcol o varechina, e nemmeno dalla corsa ad analisi immunologiche o speranze vaccinali, ma dalla pronta risposta dei servizi territoriali, su cui dobbiamo investire per identificare, isolare e tracciare i contati della persona sospetta infetta. Insomma, la nostra sicurezza dipende dalla dimenticata epidemiologia di campo che pure tanto ha contributo alla nostra migliore qualità di vita.”

 Un problema ampiamente sottovalutato, come sempre,  è rappresentato dalle conseguenze psichiche dell’epidemia. Come già affermava Andrea Verga, padre della Psicolgia italiana. nel 1862 :“ … Mi sembra che ne risulti abbastanza a quali particolari forme di delirio danno origine le grandi pestilenze”.

Come afferma il Presidente del Cnop :”Il testo iniziale del decreto legge per le assunzioni straordinarie di personale per il sistema sanitario nazionale ai fini dell’emergenza sanitaria prevedeva medici ed infermieri e non prevedeva esplicitamente gli psicologi”. 

Tuttavia, in seguito all’intervento del Cnop, l’articolo 1 nella nuova formulazione, prevede la possibilità per le aziende sanitarie di assumere professionisti sanitari per l’emergenza, fa esplicito riferimento anche alla “professione sanitaria di cui alla legge 56/89”, vale a dire, alla professione di psicologo. Del pari si aumentano, inoltre, le ore di specialistica ambulatoriale . Dunque, il ruolo degli psicologi sarà diretto, oltre che all’utenza del sistema sanitario nazionale,  anche allo stress e al burnout degli altri operatori sanitari, impegnati in prima linea, così come alle strategie comunicative, rivolte alla popolazione e ai temi della sicurezza in questa pandemia. 

Certo gli   operatori sanitari, che date le particolari condizioni di stress lavorativo subito, vanno incontro a sindromi ormai ben codificate quali :il Burn Out, Depressione, Forme allucinatorie etc ma  anche la popolazione generale ha subito l’impatto della epidemia sulla salute  mentale con gravi coseguenze. 

A tale proposito aggiungiamo a quanto già detto una  particolare sindrome che viene sommariamente descritta  in una interessante intervista alla Psicologa dell’Associazione Psicologi per la Responsabilità Sociale dott.ssa Fausta  Nasti fatta dal giornalista  Buonanno (7): “La sindrome della capanna, Molti vivono un momento di ansia, di paura di uscire dal confinamento dove sono rimasti per due mesi circa. È un fenomeno psicologico legato allo stress provocato dall’idea di tornare in strada per stare insieme a molti estranei; è la paura, dopo un lungo periodi di lavoro da casa, di tornare in ufficio per ritrovarsi con i colleghi”.

Gli errori  sono stati fatti ed ora che il rischio è più chiaro e meglio definito, anche se sono molti, ancora, i punti oscuri e/o da meglio valutare,  possiamo solo sperare che i decisori politici,  gli operatori sanitari, gli imprenditori e i lavoratori tutti imparino dalle cose sbagliate e da evitare e che la paura  di dover riconoscere di aver sbagliato non li  induca a perseverare in comportamenti da scarica barile, che fanno solo danni, ritardando e rendendo meno efficaci le misure di adozione per la riduzione del rischio.

Alla fine di queste disquisizioni, ci sembra utile un promemoria in dodici punti  per avviare una  prima riflessione sulla pandemia.

  1. I)    Questa non è nè la prima e non sarà certamente l’ultima pandemia dell’umanità;
  2. II)   Ancora una volta nonostante l’enorme peso che la sanità ha assunto in tutti gli stati moderni del mondo e nei loro bilanci si era impreparati a fronteggiarla;

III)  Le misure dell’isolamento dei contagiati e dei malati insieme al distanziamento individuale è risultato la misura più efficace per ridurre il contagio così come è stato sempre fatto anche quando le tecniche sanitarie non erano così sviluppate;

  1. IV)   Le organizzazioni mondiali quali ONU e le sue agenzie e diramazioni OMS hanno dimostrato la vulnerabilità dei sistemi di sorveglianza e di prevenzione e di intervento a livello mondiale;
  2. V)    Anche la UE non si è dimostrata all’altezza delle necessità;
  3. VI)   I singoli stati hanno adottato politiche d’intervento sanitario molto diverse e stanno pagand  in maniera differenziata la poca oculatezza delle loro scelte;

VII)  L’Italia dopo le prime incerte scelte ha adottato le politiche più rigorose è stato imposto il blocco sanitario dei centri dove i focolai epidemici erano fuori di ogni controllo e la chiusura di tutte le forme di attività non essenziali;

VIII) Solo oggi si tenta di riprendere le attività con l’epidemia in fase calante ma con misure di prevenzione del rischio da molti ritenute insufficienti nonostante l’enorme sforzo di esperti del settore che hanno emanato dettagliate linee guida sotto lo scudo dell’INAIL ma che comunque si scontra con la difficoltà di reperire sul mercato interno adeguati strumenti di prevenzione e di barriera individuali e collettivi, data la mancanza di aziende di produzione degli stessi o la difficoltà oggettiva data dal tipo di attività che comporta la difficoltà a mantenere l’isolamento necessario alla trasmissione virale e alla prevenzione del contagio e senza sottovalutare l’incremento per ogni singola azienda dei costi di queste procedure e mezzi di protezione individuali o processi di sanificazione degli ambienti;

  1. IX)   Questa nuova epidemia ha mostrato una svariata poliedricità di sintomatologia e forme morbose, dimostrando un peggiore evoluzione almeno nelle casistiche italiane ma è ancora tutto da approfondire negli anziani maschi enegli obesi e nei soggetti immunodepressi o con preesistenti patologie polmonari cardiache e renali, così come sono da approfondire gli esiti invalidanti di talepolimorfismo patologico;
  2. X) Le maggiori criticità  sono state evidenziate dalla assoluta carenza di posti letti in rianimazione  terapia intensiva e sub intensiva, di malattie infettive con stanze di degenza percorsi e lettighe a pressione negativa, di procedure sicure per la prevenzione individuazione e presa in carico di malati con patologia infettiva altamante diffusive come il CoviD 19 e di DP per il personale di assistenza sanitario dal trasporto alla cura ospedaliera. 

Altre criticità sono state l’assoluta carenza di stumenti e reattivi e tamponi e test validati per la diagnosi

  1. XI)  L’informazione ha mostrato anche fatta salva qualche lodevole eccezione ha dato spazio ha tanti imbroglioni e figuri sempre pronti a criticare tutto e tutti e a dimostrare di avere magari già la cura pronta ma che la medicina ufficiale nascondeva per chi sa quali interessi di Big Pharma o congiure di stati stranieri. Inoltre non si tiene conto della acettabiltà e praticabilità delle Grida manzoniane emanate dalle più disparate autorità e dell’impatto psicologico delle stesse su Operatori Sanitari lavoratori in genere cittadini e Datori di lavoro;

XII)  La regionalizzazione della sanità in Italia e l’andamento della epidemia ha inoltre accentuato una diversa realtà delle conseguenze dela stessa nei  vari territori tra aree urbane e rurali tra nordcentro e sud . Tra regioni e regioni delle stesse aree geografiche. 

Note e Fonti

1 )  Sun on Sunday

2 ) Luca Ricolfi nell’Editoriale del Messagero  di Sabato 16 /05/2020 

3 ) Nancy Binkin, Federica Michieletto, Stefania Salmaso, Francesca Russo 18/04/2020 

“Protecting our health care workers while protecting our communities during the COVID-19 pandemic: a comparison of approaches and early outcomes in two Italian regions, Italy, 2020”. Medrxiv. https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.04.10.20060707v1.article-metric

4)  Dott.  Filppo Palumbo Già DG della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute

      Quotidiano della Sanità del 20 maggio 2020 

5)   quotidianosanita.it Donato Greco 19 maggio 2020

6)  ASPI Andrea Verga  Deliri e Pestilenze 

7)    Bruno Buonanno — 19 Maggio 2020 Il Riformista Pagine napoletane    Coronavirus e

        lockdown, l’allarme dell’esperta: “Molti hanno paura di uscire di casa”